PAURA E DISGUSTO A CONEGLIANO VENETO

Come fu che Luther Blissett apparve ad Antennacinema '97.

Un Instant-Pamphlet.

 

 

Testo:

Luther Blissett

 

Musica consigliata:

Sham '69, They Don't Understand; The Cockney Rejects, On the Streets Again!;

Ghetto '84, Feccia; The Small Faces, What'cha Gonna Do About It;

Nabat, Scenderemo nelle strade.

 

 

I. NONSOLOMODA

 

In attachment a questo testo c'è la fotografia di Luther Blissett com'è "apparso" il 18 aprile 1997 a Conegliano (TV), XVIa edizione della rassegna Antennacinema-media, convegno di giornalisti, critici e operatori televisivi, personaggi dello spettacolo e (categoria che include tutte le altre) teste di cazzo.

Quest'edizione era pertinentemente intitolata: "1997: il collasso dei media?". La sedicente Luther Blissett Incorporated ha approfittato di un invito giunto in extremis per vie traverse, scroccando cene e albergo, inscenando una conferenza-performance (intitolata: "Rasputin, Veltroni e il crollo di Babilonia: mitologie multimediali e guerra psichica nel nome di Luther Blisset") e facendo incazzare un tot di giornalisti.

Per la prima volta dal 1994 non ci siamo fatti problemi a mostrare i nostri volti; abbiamo valutato che non c'è miglior copertura dell'ubiquità di Luther: negli stessi giorni nostri omonimi "comparivano" a Torino in un Attacco Psichico alla città e alla Biennale dei giovani artisti del Mediterraneo, mentre a Ludwigsburg (Germania, targa automobilistica: LB) veniva presentato in anteprima il libro *Handbuch fuer Kommunikation Guerrilla* (ed. Nautilus), di cui Luther è coautore. Inoltre, nessuno di noi si è presentato come "Luther Blissett", ma come emissario della Luther Blissett Inc., e ciascuno dei relatori ha usato un nome putativo: Arturo Bandini, Fabrizio P. Belletati, Eloi Pruistinck e Valerio Marchetti.

Due parole sulla foto, necessarie per capire alcuni degli articoli che riporterò: a Bologna una parte del Luther Blissett Project sperimenta - dal punto di vista dell'abbigliamento - una precaria sintesi delle sottoculture giovanili mod e skinhead, lungo la linea evolutiva Hard Mod '67-'68 - Skinhead original - Punk (primo momento di sintesi e riemersione) - Mod revival '78 - Skinhead revival & Ska revival (Two Tone) - BritPop (secondo momento di sintesi e riemersione). La foto è una buona testimonianza di tale "dandyismo proletario". Si va dal look alla Madness al modismo "duro", fino ad una completa adesione (*ironica* ma nell'accezione postmoderna, quindi NON parodica) allo stile skinhead. Quest'ultimo aspetto è ispirato alla fiction di Stewart Home e favorito dall'amicizia osmotica tra alcuni/e omonimi/e e gli skins dello SHARP di Bologna. Il tutto è condizionato dall'ossessione per l'Inghilterra di un personaggio-chiave del Progetto. Come singoli siamo sempre stati *invisibili* ai media, le nostre erano sperimentazioni private (girare per i negozi dell'usato in cerca di una giacca a quattro bottoni o di bretelle a scacchi bianchi e neri, etc.), in base al principio "Abbasso l'Identità, viva lo Stile. L'importante è essere impeccabili." (Franco Berardi "Bifo", 1993)

A sorpresa, il nostro abbigliamento ha shockato e confuso gli astanti e soprattutto i giornalisti: quasi tutti gli articoli vi fanno riferimento, ma chi li ha scritti era totalmente incapace di decodificarci, e i risultati sono patetiche arrampicate sullo specchio dei paragoni improponibili. Un esempio: io sono il tizio in primo piano; secondo un giornale veneto portavo "capelli a spazzola e bretelle da yuppie". In realtà indossavo una camicia nera button-down, bretelle color ghiaccio, jeans stinti attillati col risvolto, lucidi boots Doctor Martens e bomber verde petrolio; non ho i capelli a spazzola bensì un uniforme crop di 6 mm. Insomma, un look *inconfondibilmente* skin. Credo sia la prima volta che qualcuno confonde yuppies e skinheads.

La conferenza è stata preceduta dalla proiezione di tre video realizzati da LB nell'autunno '96: "Disinnescare gli allarmi", "Demolire l'arte" e "Neuronomicon". Alla fine del 1996 il neo-direttore di RAI2 Carlo Freccero (una verminosa carcassa di fighetto lottizzata dall'Ulivo) andava dicendo che voleva "portare Luther Blissett in tv", anzi, si vantava di averlo già fatto! Con questo unto, butterato e floscio millantatore di "creatività" abbiamo avuto contatti (per fortuna) indiretti, gli abbiamo fatto delle proposte e abbiamo realizzato i tre promo, ma nel frattempo abbiamo avuto conferme del fatto che è un inaffidabile tirapacchi e che la sua reputazione è (ancora per poco) di molto superiore alle sue capacità, così abbiamo deciso di non averci a che fare.

Due di quei promo erano profetici: "Demolire l'arte" faceva l'apologia del vandalismo anti-artistico sei mesi prima che la stampa nazionale si occupasse della campagna della rivista *Flash Art* per la scarcerazione di Alexander Brener, performer russo colpevole di aver "deturpato" uno stupido quadro di Malevich esposto allo Stedeljik Museum di Amsterdam; Brener ci ha disegnato sopra una grande "$". "Neuronomicon" parlava del cosiddetto "Millennium Bug" (o "2000 crash") in un periodo in cui, al di fuori della rete e di poche pubblicazioni iperspecialistiche, sull'argomento c'era una spaventosa cappa di omertà e disinformazione (non che oggi sia diverso, ma almeno esce qualche articolo). Questo è più o meno quello che ho detto annunciando i video, che hanno letteralmente ipnotizzato la platea. Quello che segue è il testo di "Neuronomicon", pazienza per chi già lo conosce...

 

"Sarà soffice l'apocalisse del 2000, ma le vittime si conteranno a milioni. I posteri la ricorderanno come la prima catastrofe digitale. Gli esperti le hanno già trovato un nome: Neuronomicon.

Allo scoccare del primo giorno del nuovo millennio le luci dei monitor di tutto il mondo verranno spazzate da una tempesta scatenata dal leggero battito di ali di una farfalla.

Nei sistemi informatici la data è un campo di 6 cifre, di cui l'anno occupa le ultime due. Se il 1999 sarà letto come 99, il 2000 sarà letto 00, ovvero una cifra inferiore, e per questi sistemi, in particolare per i mainframes, si tratta di una data inconcepibile. Questo significa che il computer rifiuterà qualsiasi operazione. Non a caso in molti sistemi operativi la data del 31/12/99 segna la "end of file", il termine del sistema stesso.

Le operazioni bancarie che avranno luogo a partire dal primo gennaio del 2000 (01/01/00) risulteranno errate, perché per il computer 00 equivale al 1900 e non al 2000. In questo modo le operazioni verranno abortite e il sistema si bloccherà.

Salterà tutto, dall'anagrafe alle date dei contratti, alle scadenze dei mutui, alle polizze assicurative, alla gestione delle transazioni bancarie. Verranno alterati in questo modo tutti i programmi finanziari di contabilità e calcolo.

Il crollo sembra inevitabile: mancano solo tre anni allo scoccare del 2000. Gli ambienti finanziari mondiali sono nel panico: le ristrutturazioni dei sistemi operativi infatti sono estremamente difficili e richiedono investimenti incredibili. Ecco alcune cifre. Solo in Italia sono operativi più di 1600 mainframes, che devono essere modificati completamente. I tecnici devono modificare 35 miliardi di statements, linee di programma. Lavoro questo che richiede competenze difficilmente reperibili sul mercato del lavoro e tempi di realizzazione e collaudo lunghissimi.

I costi per ovviare a questo incredibile inconveniente sono enormi e il tempo insufficiente. Per la sola Italia, una cifra sottostimata parla di non meno di 20.000 miliardi di lire. Ogni istituto bancario dovrà sborsare circa 70 miliardi per dotarsi di un sistema operativo né migliore, né più efficiente, ma semplicemente in grado di gestire la data. Inoltre, per poter modificare i sistemi operativi si deve lavorare solo durante i fine-settimana, per non intralciare le normali operazioni bancarie. Al 2000 mancano solo 132 fine-settimana. E ancora: data la totale interconnessione del sistema finanziario, ciascuna banca dovrà adottare il medesimo standard di conversione e nello stesso momento.

Perché nessuno parla del Neuronomicon?

Cosa preparano i colossi dell'economia globale?

Sono al sicuro i vostri conti correnti bancari?

Auguri di buon millennio e spendete bene i vostri soldi... finché siete in tempo."

 

Dopo la proiezione dei video, l'inviato del "Messaggero" (un tipo stempiato, con l'aspetto da fighetto tendente allo squallido, giacca beige e un tristissimo borsello) è uscito dalla sala. L'avvio era già troppo per la sua mediocre intelligenza e per i suoi due-tre imparaticci riferimenti culturali.
Platea tesa, sala vibrante come dopo un colpo di gong: quando mi sono fatto schioccare le bretelle contro i pettorali, molti sono sobbalzati. Loredana Lipperini, che aveva il compito di introdurre la relazione, ha tracciato una sintetica storia dei "colpi" mediatici di LB, dal falso caso di sparizione spacciato a "Chi l'ha visto?" fino alla beffa satanica di Viterbo, passando per il falso Hakim Bey, per la beffa di *Net.gener@tion* e per molte altre azioni. Dopodiché abbiamo cominciato.

 

 

II. RASPUTIN, VELTRONI E IL CROLLO DI BABILONIA

 

Ciò che non puoi vedere in tv
lo puoi sentire giù nella strada
nella parte buia di questa città
puoi sentire le loro voci.

Nabat, *Italia degli sfruttati*

 

1. Afterlife Advice

di Arturo Bandini

La strategia di un fantasma pop non può consistere unicamente nella sfida, peraltro vincente, alle redazioni di mezzo mondo.
Non ci sono principi *etici* di *corretta informazione* da impartire, poiché la manipolazione è un dato non rinegoziabile delle società informazione, pressoché da sempre.
Dunque le beffe della Blissett inc. ai danni dei media tradizionali incarnano la propaggine esteriore e di superficie, diciamo pure la componenete pubblicitaria, tesa ad accrescere la reputazione e le gesta di questo Mr. Blissett. Ciò non significa che una campagna pubblicitaria non possa avere contenuti "pesanti", anzi.
Denudare le isterie di massa; truffare pubblicamente i professionisti dell'opinione; accrescere il rumore nei canali monodirezionali, sono esercizi utili e divertenti, ma non bastano.
Sarebbe urgente invece, provare ad intaccare, produrre uno scivolamento nel principio stesso di REALTÀ.
Esiste un micidiale, carcerario Realismo Planetario che è una delle principali armi inpiegate contro il genere umano. Si tratta di un incongruo senso della ragione pratica diffuso tecnopsicologicamente su scala mondiale che immiserisce e schiavizza la vita, commina pene, innalza roghi e fonda le Carceri Materiali delle Identità Definite.
Pochi vi sfuggono.
Questo incongruo, dominante realismo dice: se sei albanese è possibile che tu affoghi nel Canale d'Otranto, dunque vi affogherai certamente.
Oppure: il capitale non produce più lavoro, ma se sei disoccupato sei una merda. Siccome dice anche molte altre assurdità, è inutile dilungarsi.
Comunque, combattere questo realismo è cosa che riguarda la vita e la libertà degli esseri viventi e non la tv o i giornali, se non per la loro funzione di secondini della mente.
Le beffe della Blissett inc. ai media tradizionali sono l'inizio di una densa cortina fumogena che serve a penetrare nella villa, e stanza dopo stanza, disinnescare gli allarmi. Ciò grazie alla guerra psichica.
La Guerra Psichica è il mezzo di autodifesa che eretici del Cinquecento escogitarono per combattere l'Inquisizione di allora e di oggi.
Insediarsi nelle fantasie, nelle paranoie, e tendenze popolari. Praticare l'anonimato creativo, aggressivo. Assediare l'industria culturale, demolire la cultura seria per migliorare il proprio tenore di vita.
Insomma portare Rasputin alla corte di Veltroni ed insieme condurli in gita sul Canal Grande, nella Venezia Rinascimentale, fra trafficanti di opere proibite e facoltosi magnaccia.
Si tratta di una esperienza molto pratica: liberarsi dall' angosciante senso di passività o dal ridicolo dilemma tra impegno sociale e vita privata, mescolando le proprietà magiche della narrativa alla violenza ordinaria della quotidiana guerra del reddito vissuta dalla maggioranza degli umani.
Cosa fa la televisione a Roma, quando è morta?
"Chi se ne fotte" è tra le poche risposte attendibili.
Cominciate a cercarvi un altro lavoro, oppure cominciate a lavorare in un altro modo. Comunque sarebbe meglio non lavoraste affatto.
Chi se ne fotte di Internet e del palinsesto: portate la vostra mente a quando eravate bambini di circa quattro anni: l'odore del pane caldo e del cioccolato, oppure quando la mamma vi asciugava i capelli con l'asciugamano fresco di bucato.
È tutto molto nitido, commovente.
Bene, sappiate che non sono ricordi vostri, reali: ve li ha impiantati il Mulino Bianco, o la Johnson & Johnson.
Li avete vissuti, ma in tv.
L'innesto è stato indolore, almeno così vi è sembrato.
Non preoccupatevi. Per ora tutto bene.
Per ora tutto bene.
Con la Sindrome dei vostri Falsi Ricordi, la Blissett inc. si dispone ad ordire una grande e ludica cospirazione di massa, al fine di iniettare discredito nei canali di intossicazione psichica. Diffondere disprezzo dimostrando come mai l'uomo abbia messo piede sulla luna, se si escludono alcuni memorabili live network shows. Oppure svelando la criminale truffa dell'AIDS che appesta e stronca la vita di milioni di umani, biomutilati dal complesso bellico farmaco/industriale.
Interpretare il ruolo di "Grande Zio" dell'infosfera per prendere a calci in culo quel coglione fascista di suo nipote, il Grande Fratello.
Un caro amico, che si chiama Jimmy il Santo ha da poco messo su una Agenzia di videocomunicazioni funebri: sapete, nonni che parlano ai nipotini, consigli postumi di prevenzione automobilistica. Oppure: "Una mattina c'era il sole, sono andata dal medico per un semplice controllo e da quel giorno la vita è cambiata", roba del genere insomma. Jimmy dice che va forte, un sacco di prenotazioni, pensateci, potrebbe essere un'idea per i vostri instabili palinsesti. Per di più gratis.
In ogni caso, quando il fumo comincerà a diradarsi, si verrà a sapere che la villa altro non era che la sede del Ministero dell'Identità, ormai depredata di opere d'arte, preziosi, viveri, vasellame e soprattutto del suo immenso archivio dati. Il proprietario e titolare del dicastero, il cardinale G.P. Carafa, fondatore del Santo Ufficio dell'Inquisizione Psichica sporgerà regolare denuncia, ma inutilmente, perché in quel momento decine di bambini albanesi travestiti da puffi, saranno già molte miglia al largo delle acque territoriali, su un lussuoso panfilo, a brindare e spartirsi la refurtiva. In quello stesso istante, su un campetto di periferia, un vecchio centravanti inglese di origine giamaicana, sarà pronto a sbagliare l'ennesimo calcio di rigore. Non prima però di aver firmato altri miliardari contratti.

E poi sparire.

 

 

2. Cosa te ne fai a Denver di una barca?

di Fabrizio P. Belletati

Per ricomparire. Luther Blissett sparisce e ricompare, sparisce... e ricompare. Blissett è il mito nordico del *Waldganger*, "colui che si dà alla macchia", il ribelle che "va al bosco". Nel 1951 lo scrittore tedesco Ernst Juenger (oggi 102enne), in un pamphlet intitolato *Der Waldgang*, parlava di una società dominata da sondaggi e meccanismi elettorali tesi al modello plebiscitario, da dispositivi di controllo e sorveglianza.. Per sfuggire a quel controllo occorreva appunto darsi alla macchia, organizzare la resistenza nel bosco. Questo nel 1951! Oggi veniamo continuamente sondati, schedati, sorvegliati da videocamere, pedinati da poliziotti fatti di dati: coi prelievi dal Bancomat o con le carte di credito possono seguire tutti i nostri spostamenti... "Darsi alla macchia" è ancora un imperativo.

Non è un caso che Blissett sia stato spesso paragonato a Robin Hood: il mito di "Robin Hood" ha molto in comune con l'uso di nomi multipli: ogni tumulto, ogni atto insurrezionale dei contadini celti e sassoni, la loro resistenza quotidiana ai soprusi dei nobili normanni... Tutto ciò veniva "spersonalizzato" e mitizzato: nelle ballate popolari, ne diveniva protagonista "Robin Hood". Questo può aiutare a capire come funziona e si riproduce il mito di Luther Blissett. Non parlo ovviamente del Robin Hood della Merry England disneyana, o di quello interpretato da Kevin Costner...

Questo mi permette di criticare gli organizzatori di Antennacinema: nel comunicato-stampa che annunciava la nostra presenza qui, Blissett veniva definito "corsaro dell'informazione". È una definizione inaccettabile, sia nell'accezione originaria sia in quella pasoliniana. Nell'accezione originaria, il corsaro era un pirata legalizzato, al soldo di una grande potenza navale. Francis Drake, il corsaro più famoso del XVI secolo, era un servo di Elisabetta Ia. L'attività dei corsari aveva a che fare con gli scontri tra stati-nazione, cosa che non ci riguarda in alcun modo. Nell'accezione resa popolare da Pasolini (gli *Scritti corsari*, etc.), la parola "corsaro" rimanda invece alla figura dell'intellettuale impegnato, ad un'idea di *engagement* di cui non ci frega un cazzo. Ma soprattutto, LUTHER BLISSETT È UN MITO DI TERRA, un mito del bosco, un mito nomadico, di un'orda nomade come quella di Gengis Khan... Non ha nulla a che vedere col mare. Nella mitologia di LB, il mare è qualcosa di lontano, forse un altrove utopico, un orizzonte a cui avvicinarsi asintoticamente... Ma non tanto vicino da sentire la puzza di pesce e l'aria salmastra. È il mare della fuga dai Piombi di Casanova, è il mare evocato in questo incredibile film di Gary Fleder con Andy Garcia, *Cosa fare a Denver quando sei morto*, un gangster-movie crepuscolare, i cui personaggi si dibattono per superare il nihilismo del loro ruolo... Loro si salutano dicendo: "Al panfilo"; è l'happy end di quasi tutti i film in cui riesce il colpo grosso, una rapina, una truffa... È l'utopia della klasse kriminale, veleggiare alle Antille o nei mari del sud, col Daiquiri nel bicchiere, dopo averlo messo nel culo ai padroni... Se nella narrazione di LB sopravvive qualcosa dell'utopia, probabilmente somiglia al finale di *Una poltrona per due*. Ad alcuni è riuscito anche nella realtà, ad esempio a Ronald Biggs, l'inglese che fece la Grande Rapina al Treno del 1963 e poi scappò in Brasile e... è ancora là! In *The Great Rock'n'Roll Swindle* si vedono i Sex Pistols che lo vanno a trovare e lo fanno cantare nella band.

Ma il *Waldganger* è troppo lontano dal mare: "cosa te ne fai a Denver di una barca?". Quindi Blissett è qualcosa di terrestre che non c'entra nulla con corsari, bucanieri, filibustieri, pirati etc. È un mito simile a quello narrato tre volte in un film che non fa che ritornare, un film che è un eterno remake: la prima volta fu diretto da Kurosawa nel '61, e s'intitolava *Yojimbo* (in Italia *La sfida del samurai*); poi fu diretto da Leone nel '63, e s'intitolava *Per un pugno di dollari*; infine lo ha diretto l'anno scorso da Walter Hill, e si chiamava *Last Man Standing* (in Italia *Ancora vivo*). Nella versione di Kurosawa, il protagonista (Toshiro Mifune) non aveva nome e si presentava semplicemente come "Yojimbo" (in giapponese, "un trentenne"). Nel film di Leone il protagonista (Clint Eastwood) non ha nome né si presenta in alcun modo. Nel film di Hill il protagonista (Bruce Willis) dice di chiamarsi "John Smith", il nome di comodo per eccellenza, il tipico nome falso con cui ci si registra al motel nei film di Hollywood degli anni '40 e '50... Un eroe senza nome viene dal nulla in un paese dilaniato dalla guerra tra gangs rivali, decide di infiltrarle entrambe e le distrugge per mezzo di beffe, menzogne e false dicerie. Tra l'altro, questo mi ricorda lo sport inventato da Blissett, il Calcio a Tre Porte.

Un altro elemento mitico: due giorni fa, intervenendo a *Mediamente* (RAI3) Bifo ha definito Luther Blissett "il nostro principale contributo all'estinzione della civiltà" e "Anticristo dell'informazione". Perfetto. Ripartiamo dall'Anticristo: nell'Apocalisse di Giovanni, lo si definisce "non nato da donna". I teorici cospirazionisti hanno molto speculato su questo punto, hanno pensato a uomini nati in provetta o estratti col taglio cesareo dal ventre di gestanti appena morte... E perché non un macro-personaggio virtuale, che non esiste in carne ed ossa? Perché non Blissett? Inoltre, se consideriamo Blissett una sintesi di tutte le sottoculture giovanili di resistenza simbolica e di tutto l'underground, allora dobbiamo per forza pensare al 1977, l'anno-simbolo del punk e della riemersione di tutte le sottoculture del dopoguerra... Una profezia rasta risalente alla predicazione di Marcus Garvey diceva che il '77 sarebbe stato un anno di apocalisse.

Un ultimo elemento per comprendere il mito di LB: la definizione di "terrorista culturale" è meno inaccettabile ma comunque impropria, perché esiste una dialettica tra terrorismo e stato, il terrorismo è l'emulo fallito dello stato, la sua logica è perfettamente speculare a quella dello stato. Eppure anche qui possiamo trovare materiale utile: il libro che vi sto mostrando si chiama *The Black Game: British subversive operations against the Germans during the second world war*, è stato scritto da un certo Ellic Howe e pubblicato in Inghilterra nel 1982. Bene, questo libro è una vera bibbia della guerra psichica: l'autore faceva parte della squadra dei servizi segreti britannici incaricata delle operazioni "nere" e della guerra psicologica contro la Germania: producevano e riuscivano a distribuire finte circolari del Reich su argomenti scottanti come la diserzione o le faide interne al partito, editti sottilmente demenziali, finti opuscoli del Ministero tedesco della Sanità che consigliavano al personale femminile dell'esercito di non scopare coi soldati perché c'erano in giro pericolose malattie veneree, falsi francobolli col volto di Hitler sostituito da quelli di dirigenti minori della NSDAP, addirittura false riviste di astrologia che sconsigliavano ai marinai di imbarcarsi nella tal data, ritenuta "infausta" (ovviamente, si trattava del giorno di un'importante operazione navale)...

Tutto pur di disseminare malumore tra le truppe tedesche.

Ecco, a parte il non trascurabile svantaggio di non avere accesso ai fondi della corona britannica, il network internazionale di Luther Blissett sta giocando un *black game* molto simile... Provate a immaginarvi tutti questi infiltrati, impostori, disseminatori di panico, manipolatori dell'informazione che si scambiano messaggi criptati, lavorano sulle dicerie e le leggende urbane, introducono pericolosi virus nel territorio del Reich e poi... spariscono.

 

 

3. Io sono Godzilla, voi siete il Giappone!

di Eloi Pruystinck

...E ricompaiono. In un famoso romanzo degli anni '60 Philip Dick offre uno dei suoi migliori paradossi. I protagonisti si trovano in una sorta di sonno letargico ante mortem, una specie di anticamera della morte in cui i processi biologici vengono rallentati artificialmente per prolungare il più possibile gli ultimi anni di vita. A loro viene offerta un'allucinazione indotta che riesce a fargli credere di essere e agire ancora nel mondo dei vivi. L'illusione però si incrina quando un giorno, uno di questi sognatori, nel suo mondo virtuale, entra in un cesso per pisciare e tra le scritte sconce sulla parete riconosce la calligrafia di un amico che pensava morto: ZOMPATE NELLA PISCIATOIA E METTETEVELO IN TESTA CHE IO SONO ANCORA VIVO: SIETE VOI CHE SIETE MORTI.
Luther Blissett è quella scritta sulla parete del cesso. Io sono vivo, voi siete morti che immaginano di vivere e agire. E questo non perché la TV italiana sia tecnologicamente inadeguata ai tempi, allo sviluppo delle nuove forme di telecomunicazione, ecc. Il motivo è più semplice e più grave, come una malattia terminale: è che non avete più uno straccio di idea.
Da alcuni anni ormai, salta agli occhi che la televisione è capace soltanto di ripetere noiosamente se stessa e le operazioni che hanno cercato di forzare questa patetica routine forzando i registri canonici, tipo Blob o Mai dire gol, datano come minimo all'inizio di questo decennio: è più che naturale che comincino a mostrare la corda.
Ebbene io credo che non sarà questa generazione di operatori televisivi, non riuscirete ad essere voi quelli che escono da questa impasse.
Non potrete perché di fronte all'apocalisse, come di fronte a me, non avete appigli, non riuscite a orientarvi, non riuscite ad accettare la sfida di navigare senza bussola e finite col giocare al ribasso, arroccati su una concezione del fare TV di almeno dieci anni fa.
È comparsa da qualche anno una nuova generazione di programmi televisivi che ha la pretesa di essere trendy, di innovare, di portare sangue e linfa nuova a una concezione del palinsesto giurassica. Vorrebbero essere agili, gggiovani, postmoderni e riescono a essere solo patetici. Perché non guardano in faccia il baratro, non possono permetterselo, e finiranno a guardare il mondo allontanarsi rapido rapido sopra le loro teste.
Basti pensare ad esempio al perpetrarsi della "satira di sinistra", a questo tentativo di suscitare il sorriso di una ragione "progressista e illuminista" ormai (e finalmente) estinta. Si ignora che l'intelligenza e lo spirito a cui si fa appello sono quelli di un'audience e di un elettorato tirati su a suon di diktat ultrarealisti, desistenze, etica dei sacrifici nazionali o europei (a seconda delle occasioni). Il pubblico non riesce più a ridere dello sberleffo, intelligente o meno, di una politica e di una cultura a cui si deve ogni giorno costringere a credere. Non ci si puù rilassare in una risata altrimenti il castello di carte crolla e la sinistra al governo appare agli occhi per quella che è.
Basta con l'ammicco, diceva l'altra sera Carmelo Bene. Tanto non c'è più nessuno in grado di coglierlo e chi potrebbe farlo fortunatamente non vuole. L'ammicco, in ogni epoca, è di un cattivo gusto unico.
Dal luogocomunismo ai luoghi comuni, sui quali infatti riuscite ancora ad ammiccare, a ricompattare le menti decerebrate (decerebrate sì, ma senza il guizzo di follia che tale condizione potrebbe comportare): l'AIDS, gli albanesi pulciosi, le pericolose droghe sintetiche; Ma che Albania, ma che extasy! È ben altro quello che sta succedendo. Là fuori, fuori dalla scatola magica, c'è quell'orda di puffi blu, ci sono gli indiani, gli orchi, Gargamella, c'è tutto un mondo che finalmente si è deciso a crollare sotto i colpi di un'apocalisse psichica, culturale, sociale; "Non sta accadendo come lo avevamo pensato, ma sta accadendo" (Reds, W. Beatty, 1981).
Rispetto a tutto questo non sapete più che pesci pigliare. Dovunque, fuori dalla scatola luminosa, si respira senso di sconforto, disorientamento e per fortuna anche rabbia repressa, perché state certi che la vita non ci ha abbandonati, per quanto la si sia sotterrata sotto le macerie del novecento e della civiltà occidentale. La vita emerge, comunque, cerca e trova vie di fuga e di sfogo. Ma voi non ve ne accorgete, o meglio, non siete in grado di accorgervene
Il panico diffuso, la perdita di quell'immaginario compatto di cui si diceva, è in realtà un vaso di Pandora da cui possono saltar fuori leggende, miti, spettri collettivi. È un brodo primordiale che contiene anche microbi eccezionali, virus infettivi che possono creare realtà, far ricominciare la vita e la gioia sul pianeta.
Ed eccovene uno qui davanti. Luther Blissett, l'Anticristo dell'informazione: qualcosa che nasce dal basso, nel fango delle reti e dei vicoli del centro, nei quartieri di periferia, nella stampa pop, per la strada. E improvvisamente te lo ritrovi a corte, travestito da Rasputin, che sussurra parole melliflue all'orecchio della regina Veltroni, circonducendo, cooptando i servizi segreti di Sua Maestà nel gioco della dissoluzione. Mentre ancora ci si accanisce a chiamarlo burlone e goliardo il virus ha infettato il sistema.
Luther è solo il prototipo, un esempio di quello che sta per travolgervi, dell'appuntamento che state perdendo, arrancando in salita, chilometri indietro dal presente. Al contrario di Giovanni di Patmos vi manca la visione di questo presente e sarete colpiti alle spalle da un oggetto contundente mentre vi frugate addosso per capire dov'è finito il vostro portafoglio.
Eppure qualcuno, anche qui dentro la scatola, qualcosa ha avvertito.
Finalmente un pazzo? Macché. Stronzate, Carmelo, stronzate macache.
Pensateci: il varietà che si fa brutto per mettere alla berlina il varietà, l'umorismo che non fa ridere per distruggere l'umorismo, la TV che ride di se stessa, per lasciarsi contemplare come pura vacuità, puro nulla, in grado di intrattenere in quanto eccelsa idiozia.
Tutte menate, speculazioni intellettuali, frecciate nihilistiche di chi non riesce a creare realtà e ancora spera di essere qualcuno inventando la messa in scena ridicola e letteralmente controproducente della realtà. Niente di nuovo: il sorriso razionalista e borghese di Moliere è ancora vivo e vegeto nella testa dei macachi televisivi. Altro che follia, altro che gioia e rabbia di bambini, caro Carmelo! Qui si vorrebbe far ridere del brutto perché è esteticamente sublime. Per me, per Luther, una risata è una risata, davanti allo schermo come davanti alla vostre tombe, qualcosa di folle, spontaneo e ben poco razionale o estetico.
E allora finché siete ancora in tempo, in questi ultimi 58 minuti per non morire, fareste bene a chiedervi perché Luther Blissett riscuote sempre maggior successo mentre la TV si sta pian piano allineando sul viale del tramonto. Se non ve lo siete ancora domandato è perché vi sfugge un elemento fondamentale: Luther Blissett è, come la TV, un mezzo di comunicazione di massa. Ma il suo linguaggio è quello del mito, l'unico che in tempi d'apocalisse abbia l'autorevolezza per farsi ascoltare; un linguaggio che non siete in grado di riprodurre perché siete ancora prigionieri di quello che la TV è stata negli ultimi trent'anni.
Ora spenderò qualche parola in più proprio su questo (vostro) problema.

 

 

4. Ci metti venti minuti a morire

di Valerio Marchetti

Nella Grecia Antica l'aedo, il cantastorie cieco, aveva un ruolo fondamentale: quello di tramandare, attraverso il *mito*, l'enciclopedia globale di valori, convinzioni e spiegazioni elaborata da un'intera civiltà. Nel mondo Occidentale del XX secolo, questo compito è stato assolto dapprima dalla radio e, in seguito, in maniera molto più dirompente, dalla televisione. La tesi di Luther Blissett è che l'attuale crisi del "fare televisione" sia dovuta ad una intrinseca incapacità *mitopoietica*.

Agli albori, la capacità del tubo catodico di creare miti era semplice abilità *riflessa*: *in quanto* mito, la T.V. era in grado, per il suo stesso status, di produrre mitologia. Lo stesso che oggi accade al mito per antonomasia del villaggio globale: il web. Qualsiasi cosa compaia su Internet acquista, per il fatto stesso di essere sulla rete, potenzialità mitiche. Per il piccolo schermo, invece, si verifica ormai un processo quasi contrario: il mito che compare in T.V. tende a *sputtanarsi*, mentre evitare il mezzo televisivo garantisce una certa aura mitologica. Luther Blissett ne è un esempio lampante.

Ho parlato, non a caso, di una intrinseca incapacità di mitopoiesi: questo significa che la vostra televisione possiede una serie di caratteristiche *essenziali * che ne fanno una inadeguata e improduttiva *macchina mitologica*.

Il *mito* è una forma di vita *autonoma * e, di conseguenza, impersonale: non è un caso se Omero è stato forse il primo *nome collettivo* nella storia della letteratura. L'identità di chi narra, la sua individualità, dev'essere completamente annullata dall'identità stessa del mito. In televisione questo non accade quasi mai. Sia detto a titolo d'esempio: Due programmi di grande successo degli ultimi anni, *Blob * e *Mai dire Gol*, contengono entrambi una eliminazione visiva (che in T.V. è eliminazione tout court) della figura del conduttore. Con i personaggi della satira accade qualcosa di simile: l'attore viene negato dalla sua *maschera*. Tuttavia il mito non è puro *nascondimento* né pura *maschera* : è un puro *vivente* e, come tale, non compare più in televisione da almeno trent'anni. Da questo punto di vista, come hanno già fatto notare in molti, il mezzo radiofonico, in questa fine millennio, sta tornando in auge e sembra avere maggiori potenzialità della televisione. La radio è più discreta, ovvero più impersonale, della T.V..

Una delle caratteristiche che la leggenda attribuisce a tutti i rapsodi greci è la cecità. Colui che narra le gesta degli dei e degli eroi, non deve avere alcuno strumento per verificare l'*attendibilità * di ciò che gli viene tramandato. L'aedo non sa, fin da principio e *per principio*, se ciò che racconta sia realmente accaduto. Egli non comunica ciò che ha visto, ma ripete quel che ha sentito. Il pubblico della sua performance lo sa bene: il problema del vero e del falso non si pone. Il rapsodo non canta per riportare i fatti, ma nemmeno per ingannare: la sua narrazione è *al di là* di ogni determinazione di questo genere, perché è sospesa in una dimensione particolare che, nemmeno in linea di principio, può essere distinta dalla realtà, ma che tuttavia *non è* la realtà.

Questo tipo di dimensione, la dimensione mitica, è inaccessibile alla televisione: essa infatti, quando non reclama la propria attendibilità, si pone o nella dimensione della *menzogna* (*Stranamore* docet) o in un mondo parallelo e felice, ma completamente distaccato dal reale o, ancora, nel regno del *caricaturale*, che nessuno può (né deve) confondere col mondo reale. (La memoria mi suggerisce solo un caso in cui la televisione si è accostata alla dimensione del mito: grazie al mondo sospeso, verosimilmente incredibile, di *Cinico T.V.*.)

Così, negli ultimi anni, l'unico modo con cui la televisione è riuscita ad accostare il mito, è stato facendo ricorso alla dimensione *rituale*. Ma, anche qui, non abbiamo a che fare con qualcosa di vivente, con il rito celebrato per riprodurre gli effetti atavici del mito sulla comunità. Si tratta di qualcosa di puramente spettacolare o, nel migliore dei casi, di un'*ammiccante nostalgia*. E poi, quella che qui è in questione è la capacità *mitopoietica*, la capacità di *produrre* mito e non di *imitarlo* bassamente.

In tutto questo Luther Blissett emerge indiscutibilmente come l'unica entità che può annientare quelle caratteristiche che impediscono al mezzo televisivo di dar vita al mito. E questo perché Blissett, è, esso stesso, un mass medium e quindi starebbe *in* televisione senza *essere* televisione (quindi senza rischiare di sputtanarsi). Il Multiplo infatti è assolutamente anti-televisivo proprio in quegli aspetti che bloccano la mitopoiesi del piccolo schermo. In primo luogo non ha un'immagine individuale; qualunque icona o simbolo si usi per determinarlo è destinato ad essere un mero *flatus vocis*. Con Blissett, pertanto, il mito acquista l'autonomia sua propria. In secondo luogo L.B. è completamente disinteressato al problema del Vero e del Falso, ovvero della corrispondenza di una narrazione alla realtà, dal momento che l'attività principale della Terrorista Culturale è la *creazione di realtà*. In un certo senso, Blissett *mostra e usa* ciò che la televisione *nega e rifiuta*: L'immaginazione è da sempre al potere ed erige le pareti del vaso di vetro (lo *schermo*) in cui siamo racchiusi. A forza di gonfiarlo e sgonfiarlo a ritmo implacabile, il vetro arriverà a spaccarsi.

Una conseguenza inattesa di quest'ultimo aspetto è che L.B. è l'unico mass medium in grado di produrre inchieste. Quando la televisione ci propina i suoi reportage e le sue indagini lo fa sempre con il piglio dell'attendibilità, qualità che proprio Luther ha beffeggiato, dimostrandone l'assoluta vuotezza. L'*informazione* è un'illocuzione che non può aver senso se il destinatario non riconosce a colui che comunica competenza ed onestà; in tal modo l'informazione è posta subito fuori dell'alternativa tra vero e falso. Il pubblico rifiuta le *ricostruzioni* del reale di chi disonestamente si presenta come veridico e poi mente o distorce; avendo perso, grazie a Luther, ogni fiducia nel *giornalismo obiettivo*, preferisce prestare ascolto, con meraviglia, a chi dichiara onestamente di voler *costruire* la realtà, poiché in quelle costruzioni può capitare di reperire le vere cause dei fenomeni, esattamente come il mito, nella Grecia Classica, era capace di svolgere una funzione schiettamente *eziologica*. Laddove non c'è spazio per un metodo scientifico (e quest'area si va allargando, non viceversa), nel terreno dell'*opinabile*, non ha senso farsi paladini della Verità, ma occorre giocare la partita del mito.

Il fatto che abbiate invitato qui Luther Blissett, quello che non smette di smerdarvi e ancora si sente chiamare "burlone e goliardo", ne è la dimostrazione lampante. Di fronte all'Apocalisse, come di fronte a me, non avete risposte.

 

 

III. DI FRONTE A ME NON AVETE RISPOSTE

 

"Se il nemico ci attacca è un bene e non un male."

Mao Zedong

 

1. L'articolo più essenziale

 

Da "Il gazzettino", 19 aprile 1997

Nel 2000 i computer in tilt
Il "catastrofico" vaticinio della banda di Luther Blisset [sic]
"La televisione fra cavo e satellite" e i "Terroristi mediatici"

[...] Dagli specialisti dell'etere ai "terroristi mediatici". La banda di Luther Blisset [sic] ha tenuto sulla corda i cervelli del pubblico nell'incontro del pomeriggio al Ridotto dell'Accademico. Lo pseudonimo che unisce migliaia di perfetti sconosciuti nel mondo (qualcuno di italiano si è rivelato ieri) è ispirato all'ormai leggendario [!] centravanti del Milan incapace di fare gol. Con le reti dell'informazione, invece, L.B. ci sa fare benissimo: ha giocato decine di scherzi, "bevuti" e ripresi da tv e giornali.

Ma l'intento non è ludico: Luther Blissett è stato il primo a lanciare l'allarme sulla "catastrofe digitale" in arrivo il 31 dicembre 1999, quando i computer di tutto il mondo non saranno preparati a passare alla data del Duemila e azzereranno miliardi di operazioni e di dollari. Un po' Blade Runner [?] e un po' I soliti sospetti, l'obiettivo di L.B. è "intaccare la realtà, il senso della ragion pratica che anestetizza il mondo". Guerra psichica per abolire stereotipi e secondini della mente: in una frase, Luther sarà il Grande zio per prendere a calci il Grande fratello. Sempre che non abbia scherzato anche ieri. A.C.

 

2. L'articolo più lisergico

 

Da "La Tribuna", giornale di Treviso, 19 aprile 1997

Apocalisse digitale / "Noi, pirati in rete" [0]
"Luther Blissett" di scena a Conegliano
Giovani, colti e profeti di sventura
Praticano il sabotaggio telematico / definiscono i mass media "secondini della mente" e annunciano l'imminente crollo della "carceraria" civiltà occidentale

di Filippo Tosatto

Sette ragazzi intorno a un tavolo, aria da liceali [1], linguaggio da profeti di sventure. Di fronte, un personal; alle spalle, uno schermo che ne enfatizza il video.
Sono i rappresentanti della "Luther Blissett Incorporated", il nome è ispirato (chissà perché) al maldestro calciatore giamaicano del Milan anni Ottanta. Le finalità trapelano dai tre filmati (ribattezzati pomposamente "no budget kolossal") che ammanniscono a beneficio dell'incuriosita platea di Antennacinema.
Scorrono immagini di "Braveheart" e di Totò, dei "Soliti sospetti" e del delitto Kennedy; realtà e finzione collidono perché - ammonisce la voce narrante - smascherando le menzogne dell'informazione, Luther Blissett "fa esplodere le voglie represse e l'isteria di massa".
Si cambia tema: stavolta l'obiettivo è l'arte, intesa come "emblema statico del potere": ben venga, quindi, il vandalismo "cosciente" - esemplificato dalla recente decapitazione di una scultura di Moore a Bologna - perché, deturpando il manufatto, "restituisce vitalità alla materia". Il terzo video parla di "Neuronomicon" ovvero dell'Apocalisse digitale: a mezzanotte del 31 dicembre 1999 - assicurano i "pirati" citando a conforto una dichiarazione del sommo Bill Gates - l'intero sistema telematico del pianeta impazzirà; programmato a "leggere" date a sei cifre (le ultime due indicanti l'anno) non balzerà al 2000 ma regredirà al 1900 sprofondando nel caos cronologico ministeri e banche, società finanziarie e industrie. Una correzione in corsa è teoricamente possibile ma - sghignazzano i nostri - richiederebbe tempi e risorse oggi "impensabili"; conclusione: "spendete bene i vostri soldi finché potete...".
In Italia, finora, il gruppo ha realizzato una sorta di terrorismo mediatico, consistente nel rifilare a giornali, emittenti e agenzie notizie fasulle ma verisimili, accompagnate spesso da videocassette ingannatrici. È davvero questo Luther Blissett? Un'accolita di burloni ossessionati dal computer? "Niente affatto - replica il "delegato" Arturo Bandini, cravattino e accento emiliano [2] - le beffe ai danni dei media sono semplice pubblicità, ci divertiamo un mondo a truffare i professionisti della manipolazione. Ma l'obiettivo principale è combattere il realismo carcerario globale che immiserisce le nostre vite in un'identità definita". Non sta esagerando? "Oggi il capitale - prosegue imperterrito - non produce più lavoro ma se sei disoccupato diventi una merda. Ma questo, voi giornalisti, secondini della nostra mente, non lo dite".
C'è qualcosa di antico nel lessico dei giovani pirati, avvezzi alle autostrade informatiche ma nostalgici delle barricate. Nel loro gergo orwelliano al "Sistema Imperialistico delle Multinazionali" è subentrato un onnipotente "Ministero Mondiale dell'identità" capace, giurano, di controllare ogni nosro movimento.
Il secondo relatore, capelli a spazzola e bretelle da yuppie, esordisce catapultandosi sul pavimento e producendo una decina di flessioni [3]. L'avvio è promettente, ma poi sale in pedana e sentenzia, inesorabile: "Nei nostri ricordi d'infanzia c'è il profumo del pane, il volto della mamma che ci asciuga dopo il bagno: ebbene è tutto falso, sono immagini artificiali instillate nel nostro cervello dalla Johnson & Johnson. Noi ci ribelliamo a questa cospirazione di massa, denunciamo a tutti che l'Aids è un prodotto del sistema farmaceutico-militare e che l'uomo è sbarcato sulla Luna soltanto nei video promozionali confezionati dalla Nasa".
Non c'è scampo, insomma, e dunque che fare? "Diamoci alla macchia, come Robin Hood, colpendo, sparendo e riapparendo. Attraversiamo il deserto emozionale che ci circonda. Noi siamo pistoleri senza nome, samurai che vengono dal nulla. Ma non chiamateci terroristi: il terrorismo è solo l'emulo fallito e speculare dello Stato".
Sabotaggio mediatico come sintesi più elevata della cultura underground, controguerriglia "psicologica" nel segno della disarticolazione ("Vogliamo portare Rasputin alla corte di Veltroni") con un obiettivo dichiarato: "Infiltrarci nelle gang rivali e distruggerle".
E via così, in un crescendo immaginifico.
Fino all'Anticristo.
"Giovanni, nell'Apocalisse, afferma che l'Anticristo non è nato da donna - chiosa un giovane barbuto [4] - e l'Anticristo dell'informazione siamo noi, figli, forse, di una provetta [5]. Ci fa sorridere questa televisione impotente, che cerca di rivitalizzare palinsesti giurassici per catturare i 'gggiovani'. Tentativi patetici, fallimentari, perché la civiltà occidentale sta crollando e la sua fine sarà accompagnata dal panico. L'etica dei sacrifici è in corto circuito e i suoi diktat cadono nel vuoto".
Prossima impresa? "Diffondere un virus in grado di sussurrare parole melliflue e letali all'orecchio della regina Veltroni".
Tutto qui? "Sei un giornalista, come potresti capire?".

 

NOTE

0. Della serie: come ascoltare per un'ora senza capire un cazzo. I pirati li lascio volentieri ai fricchettoni bolliti e in andropausa (leggi: Hakim Bey).

1. Sono lusingato: ormai ho 27 anni, Bandini ne ha 33... Se sembriamo dei liceali è perché l'icona di Luther è il nostro ritratto di Dorian Gray.

2. Bandini (il primo a sinistra nella foto) non aveva la cravatta ed è inconfondibilmente napoletano. Evidentemente la razza superiore del miracoloso Nord Est pensa che sotto il Po siamo tutti uguali.

3. Le flessioni (cinquanta, non dieci) le avevo fatte mezz'ora prima dell'inizio dell'evento, per i cazzi miei, al solo fine di scaricare la tensione e senza "catapultarmi a terra", a sala quasi vuota. Evidentemente il tizio passava di là e mi ha visto, poi ha scritto che le flessioni le ho fatte durante la mia relazione. Va benissimo, tanto tutto fa brodo. Inoltre, mi ha attribuito frasi dette da Bandini.

4. Io mi rado tutti i giorni, il tizio mi ha stranamente confuso con Pruistinck (il terzo da sinistra, l'unico barbudo del gruppo).

5. Si può essere più teste di minchia?

 

 

3. Facce ride: l'articolo di Niki

 

Da "Il Messaggero", 19 aprile 1997

Ma quante arie si dà Luther Blissett
Media/Blitz dei fantomatici "pirati" [aridaje!] a Conegliano.
Geni o bluff?

dal nostro inviato Niki Barbati

La fantasia supera la realtà e spesso è molto più affascinante. Di sicuro lo è nel caso di Luther Blissett, l'inesistente personaggio dalle mille facce e dalle mille identità che ieri ha partecipato al convegno sui "Pirati della rete" [???] organizzato nell'ambito di Antennacinema media. Un gruppetto di rappresentanti di Luther Blissett ha approfittato della ribalta offerta dalla rassegna di Conegliano per presentare tre video offerti a Carlo Freccero [!]. Tre videoclip che il direttore di Raidue si è ben guardato dal mettere in onda [e che del resto noi ci siamo ben guardati dal mostrargli].
Il primo filmato mischia immagini di *Spartacus* e di Totò e vorrebbe essere una dichiarazione dei diritti di Luther Blissett, il secondo è intitolato "Apologia del vandalismo contro monumenti ed opere d'arte" [che fai, tiri a indovin, altri privilegiano la parola all'immagine. Fioccano così frasi come "manipolazione culturale come dato non negoziabile", "la beffa come propaggine della componente pubblicitaria tesa ad accrescere le gesta di Luther" e "guerra psichica che si insidia nella fantasia popolare". Roba da far impallidire perfino la Corazzata potemkin di Fantozzi [geniale! più tardi quest'uomo ha rimproverato Bandini per il fatto di non essere comprensibile al "salumiere" e di aver usato "parole difficili" come "propaggine". Commento di Gianluca Nicoletti: "E che doveva dire, 'minchia'?"].
La platea, ipnotizzata da simili frasi roboanti e spesso prive di senso, si beve di tutto e a uno di questi relatori un po' viziati dalla facilità di accesso ai grandi mezzi di comunicazione riesce perfino di spacciarsi per Arturo Bandini, l'inarrivabile eroe creato da John Fante. Bandini, però, alternava deliri di onnipotenza a momenti di profonda depressione e totale disistima di sé.
Questi ultimi due stati d'animo, almeno da quello che si è visto al convegno di Conegliano, sono totalmente estranei al Blissett nostrano, che ama citare Bifo, identificandosi come "l'anticristo dell'informazione".
Che dire a questo punto? Niente, vale per tutte la recensione che *Il manifesto* ha fatto a *net.gener@tion*, il libro "firmato da questo imprendibile, verbosissimo e schizzinosetto rivoluzionario dei giorni nostri". Luther Blissett, si domanda il quotidiano, è diventato forse peggio di Alberto Bevilacqua? [già, ma si trattava di un paradosso nel contesto di un attacco di Alberto Piccinini alla Mondadori e al fascista Giuseppe Genna, che avevano tentato di mettere il copyright a Luther Blissett ma che se l'erano preso nei denti con la storia del libro-beffa, di cui ha parlato per mesi tutta la stampa nazionale ad eccezione del *Messaggero*, i cui inviati vivono in un mondo di borselli e film con Mino Reitano].

 

 

IV. CONCLUSIONI

 

La nostra presenza a Conegliano era funzionale al pieno dispiegamento della dialettica del Luther Blissett Project: abbiamo inaugurato una contro-fase di *rifinitura* all'interno della quarta fase di *espansione* del progetto, fase iniziata all'inizio di quest'anno e culminata con la conferenza-stampa pre-processo degli omonimi romani. In altre parole, può dirsi superato il modus operandi della "confraternita invisibile", coi suoi rischi di psicotiche deviazioni etrusco-"carbonare".
Con le dovute precauzioni, e valutando caso per caso, possiamo mostrare i nostri volti, fare i Kobayashi del nostro Kaiser Sose afro-caraibico, apparire con una ventiquattrore piena di informazioni compromettenti, dettare le condizioni e poi...

sparire.

 

Bologna, 21 aprile 1997