PERCHÉ HO SCRITTO UN FALSO LIBRO DI HAKIM BEY
E COME HO GABBATO I CONFORMISTI DELLA "CONTROCULTURA"

Una rivendicazione di Luther Blissett

 

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"...per andare avanti e migliorare i rapporti fra le masse e i capi, si deve tenere perennemente aperta la valvola dell'autocritica, si deve dare agli uomini sovietici la possibilità di "lavare la testa" ai loro capi, di criticare i loro errori, affinché i capi non diventino presuntuosi e le masse non si allontanino dai capi."

Josif Stalin, 1923

 

Dall'aprile scorso è in vendita "nelle migliori librerie" A Ruota Libera - Miseria del lettore di TAZ, una raccolta di articoli di Hakim Bey pubblicata dall'editore Castelvecchi. Centinaia di fans del noto guru della controcultura anni '90 hanno comprato il libro (2/3 della tiratura venduti nei primi due mesi), la stampa di sinistra lo ha recensito entusiasticamente, editori concorrenti sono andati su tutte le furie e hanno accusato di "scorrettezza" l'editore e il curatore-traduttore (il misterioso Fabrizio P. Belletati) per via del copyright apposto a "testi che circolano liberamente in rete". Nessuno di costoro si è accorto del fatto che A Ruota Libera è un apocrifo, anzi, bando agli eufemismi!, è UN FALSO! Gente che si bea del proprio "filo diretto" con Hakim Bey e pontifica come se conoscesse Internet più delle proprie tasche non si è resa conto che di quei testi ("circolati solo via E-mail", era scritto nella prefazione) NON ESISTE ALCUN ORIGINALE IN LINGUA INGLESE! Eppure bastava chiederlo al presunto autore o, più facile ancora, fare una rapida ricerca su Alta Vista o Yahoo!

"Fabrizio P. Belletati" non esiste [1], A Ruota Libera l'ho scritto io, Luther Blissett. Non si tratta di una semplice parodia della scrittura beyana, ma di un test sulla credulità e sui tempi di reazione dell'acquirente e del recensore medio di cyber-scemenze, oltreché sulla credibilità di un sopravvalutato "santone" dal cui orifizio posteriore non esce solo oro ma anche comunissima merda come dal buco del culo di tutti noi. È stata la superficialità con cui sono state presentate, lette e commentate in Italia le opere di Bey a suggerirmi questa complicata truffa.

 

A Ruota Libera contiene:

I. una prefazione di "Belletati" (allegata in appendice);

II. alcuni specchi per le allodole, vale a dire testi di Bey veri e "seri" (quantunque discutibili): "PAZ", "Media Creed For The Fin De Siecle", "Primitives & Extropians";

III. alcuni veri testi di Bey assolutamente ridicoli - puttanate invereconde, fricchettonerie da rimbambiti: "Evil Eye" e "Moorish Weather Report";

IV. alcuni apocrifi interessanti (quantunque discutibili), cose che Bey scriverebbe se fosse un po' più lucido:

a) "Fart Strike", in cui "Bey" corregge la propria posizione sull'arte (banalmente para-situazionista) e sullo Sciopero dell'Arte 1990-93;

b) "Postilla albigese...", in realtà "A Conspectus On The Evolution Of Cyberspace", un testo della London Psychogeographical Association, con alcune inserzioni ridicole come il riferimento a un certo Lee Mortais (...Li morté!) e l'aggiunta di un finale iperbolicamente delirante;

c) "Miseria del lettore di TAZ", che mantiene quanto promesso dal titolo.

V. apocrife minchiate mega-galattiche, il cui indifferente ingoio da parte dei lettori la dice lunga su cosa sono disposti a credere i conformisti fighetti del neo-underground:

a) "Un'autocritica immediatista" (in realtà riadattamento di un discorso di Stalin, "Sulla parola d'ordine dell'autocritica", a cui ho cambiato alcune parole senza cambiarne il tono arrogante e il contenuto complessivamente autoritario);

b) Un appendice a "Malocchio" intitolato "Toccarsi le palle" che mi è impossibile commentare senza vomitare dal ridere;

c) "Outdated Media", in cui una critica a Internet frettolosa ma condivisibile culmina nella demenziale apologia dei buoni vecchi segnali di fumo e dei piccioni viaggiatori;

VI. Un vero testo di John Zerzan, Hakim Bey Postmodern "Anarchist".

In parole povere, un libro di merda.

Ho parodiato lo stile beyano (1/3 di fricchettonaggine e bigiotteria orientale da quattro soldi, 1/3 di post-strutturalismo e concettuose astruserie, 1/3 di cyberpunk), ne ho forzato le ambiguità, sono ricorso a tutti i più bassi espedienti retorici. Ho stipato il libro di false note di traduzione, segnalando diversi giochi di parole intraducibili, e di parole arabe o persiane. Ho inventato Fabrizio P. Belletati, infine ho sottoposto il tutto a Castelvecchi. Suprema beffa: apporre il copyright alle traduzioni italiane di inesistenti testi no-copyright in inglese! Il libro è stato pubblicato e recensito, la beffa è riuscita. Esito secondario: l'intera operazione ha creato il panico nell'underground, basti pensare alle scomposte reazioni di un noto collettivo editoriale padano...

 

 

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"Un 'radicale bianco' è per tre parti merda e per il resto esitazione."

Up Against The Wall Motherfucker, 1968

 

La stampa di sinistra ha accolto A Ruota Libera con fanfare e squilli di trombe. Su "Il Manifesto" di venerdì 26 aprile u.s., B.V. (Benedetto Vecchi) ha recensito il libro e ha pubblicato a tutta pagina ampi stralci di "Credo mediatico di fine secolo". Sentite un po': "...con questo libro della Castelvecchi, Hakim Bey risponde a fans e detrattori. Le sue provocazioni hanno il tono giusto per guardare con occhi diversi questo 'troppo-tardo-capitalismo', come egli definisce l'era post-moderna. Un libro da divorare, quindi, grazie anche a una introduzione, scritta da Belletati, che ricostruisce minuziosamente le vicende di questo gioviale maestro sufi". Tale capolavoro era intitolato: "Hakim Bey, l'autocoscienza dell'underground".

Un mese dopo, inciampava nello pseudo-Bey anche Angelo Quattrocchi, sessantottardo autore di pamphlets anti-media dalla dubbia utilità (Come e perché difendersi dalla TV, 1988; Dai...Stacca la spina!, 1996). Su "Liberazione" del 29 maggio u.s., 4occhi firmava questa autentica perla (epperdipiù sgrammaticata):

 

FIGLI DEL SITUAZIONISMO SI STRONCANO A VICENDA

Hakim Bey, "A ruota libera", Castelvecchi, L.14.000

Hakim Bey, maestro sufi o bastardissimo nipote di Vaneigem, il padre del situazionismo, è e resta delizioso teorico-antiteorico della radicalità libertaria pensata e vissuta dal/nel nostro contemporaneo. In Italia è uscito "TAZ" nel 1993, presso la Shake e "Via Radio: saggi sull'immediatismo" ancora per Shake. Ora un'altra raccolta di suoi scritti "A ruota libera" per il velocissimo e coloratissimo Castelvecchi. Librino, divertente, brillantissimo, sfiziosissimo, ma con qualche caduta [caduta? Ma da dove?]. Per una volta ci porta, sul fronte del pensiero radicale, sulla stessa onda temporale degli States, da dove Hakim Bey scrive, e nella Germania, dove è celebre quanto da noi. Il testo ha una coda impareggiabile, un microcosmo di tre pagine di John Zorzan [sic], altrettanto brillante saggista della stessa scuola, che fa a pezzi il nostro Bey dandogli del fighetto perfetto molto trendy e furbetto, una specie di anarchico post-modern, con lessico modaiolo. Chi ha ragione, Zorzan che ha pubblicato per Nautilus "Apprezzare il tempo", altro testo delizioso, o Hakim Bey? Tutti e due. Spumeggianti d'una intelligenza critica che lascia il resto dei "libertari" sullo sfondo delle macerie d'un muro ideologico che ancora non hanno tolto di mezzo. Ma che dice Bey, e anche Zorzan, tutti e due figli spuri del grand pere Vaneigem, il filosofo situazionista che dal '68 illumina con il suo "Trattato" questo fin de siecle. Che vede, sulle ceneri dell'ideologia, risorgere l'anarchia, e l'utopia. Parlano di zone temporaneamente autonome, cioé d'una conquista degli spazi (centri sociali) e dei tempi (raves? stati alterati della coscienza?) che le soggettività si voglion riprendere. Ultima ed unica arma contro il capitale onnipotente e onnipresente, tutta da leggere, e da vivere. Ce n'est qu'un debut: ancora una volta.

 

Un uragano di cazzate. Vaneigem NON è il padre del situazionismo: l'Internazionale Situazionista fu fondata nel 1957, Vaneigem si unì ad essa solo nel 1961, e ne uscì due anni prima dello scioglimento ufficiale nel 1972. Inoltre, il suo "Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazioni" non è uscito nel '68 bensì nel '66. Zorzan in realtà si chiama Zerzan, e il suo libro s'intitola "Ammazzare il tempo", non "Apprezzare il tempo". Inoltre, Zerzan NON è "della stessa scuola" di Hakim Bey, bensì uno degli anarco-primitivisti che Bey accusa di assolutismo. Dire che "hanno ragione tutti e due" significa dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Dire che A Ruota Libera è un testo "brillantissimo" significa essere, anziché angeli con gli occhiali, deficienti miopi e obnubilati.

Insomma, nella migliore delle ipotesi i Vecchi Quattrocchi hanno scorso il libro con superficialità; nella peggiore, hanno scambiato per discorso libertario un mero farneticare reazionario.

Mentre scrivo (notte tra il 24 e il 25 giugno 1996), apprendo che Sergio Mail - scribacchino da me già ridicolizzato - sta scrivendo una recensione di A Ruota Libera per "Avvenimenti". Ben venga: tocchiamo il fondo e cominciamo a scavare!

 

 

NOTE

1. "Fabrizio P. Belletati è nato a Caserta nel 1969. Si è laureato in Sociologia all'Università di Trento con una tesi sulle conversioni all'Islam di alcuni intellettuali europei (con particolare riferimento al filosofo francese Roger Garaudy). Dall'ottobre 1995 vive a Nottingham (UK), dove lavora come fotografo.", dalla quarta di copertina di A Ruota Libera.