GOMITO A GOMITO CON L'ABORTO: IL CASO BENEDETTO VECCHI

BOLOGNA, mercoledì 7 maggio 1997.

 

L'articolo pubblicato oggi su "Il Manifesto" a firma Benedetto Vecchi ("Uno scherzo vi seppellirà"), soprattutto il box pseudo-esplicativo intitolato "La guerriglia mediatica", è uno dei più disinformati e incompetenti mai scritti sul Luther Blissett Project (anche se il primato appartiene indiscutibilmente a Quattrocchi e Minicangeli di "Liberazione"). Ancora più grave, è un pezzo indicibilmente noioso, e in questo riflette la personalità del suo autore, una mezza cartuccia d'intellettualino dalla voce flebile e irritante (tutte le volte che ci ho parlato mi ha fatto venire due palle così...).

Qualcuno mi ha detto: "Chettifrega, 'Il Manifesto' sta vivendo una terribile agonia, nessuno se lo caga, non vende una sega!". Altri hanno commentato: "È più che normale, Vecchi aveva fatto una doppia figura di merda incensando il falso libro di Hakim Bey e tacendo dopo la rivendicazione, a distanza di un anno ha ancora il dente avvelenato e tratta l'argomento con intenzionale superficialità". Tutto vero, ma l'articolo è tanto improponibile da meritare qualche commento.

Innanzitutto, la frase: "Il Luther Blissett Project si considera l'erede dell'internazionale situazionista e dell'analisi sulla società dello spettacolo di Guy Debord".

Il Luther Blissett Project si è dato fin dall'inizio come *radicale rottura* con l'impotenza rancorosa e parolaia della cosiddetta "critica radicale" (soprattutto dell'I.S. e dei suoi epigoni mentecatti). Uno dei primi testi firmati col nome multiplo in Italia s'intitolava *Guy Debord è morto davvero* (Crash edizioni, Feltre, gennaio 1995; pubblicato anche su *DeriveApprodi* n.7, primavera 1995), il cui intento era demolire l'alienante mito di Debord e dell'I.S., nonché prendere le distanze dalla paranoia hegeliana della teoria dello "spettacolo". In anni di attività, nessun Blissett ha mai indicato l'IS di Debord come riferimento né teorico né pratico, figurarsi dichiararsene "erede"; tutti i riferimenti alla psicogeografia o al detournamento risalgono a prima del putsch del '61, col quale la fazione hegelo-esistenzialista parigina (Debord e Bernstein) prese il "potere" all'interno dell'IS, a spese delle correnti scandinava e tedesca, più pragmatiche e "creative". Credo che l'epiteto più leggero affibbiato a Debord dal '94 ad oggi sia "scoreggione".

È ora di finirla con questa stronzata del "neosituazionista".

Analogamente, è ora di finirla con questa cacata dell' "industria culturale" come "bestia nera" dei "blissettiani": in un mondo dominato dalle tecnologie d'informazione e fondato sulla trasformazione del lavoro mentale in capitale cognitivo, l'industria culturale *non esiste più* perché è dappertutto. Il computer di casa mia è "industria culturale", i malfunzionanti campi sinaptici del cervello di Vecchi sono "industria culturale". Sostenere che quello di Luther Blissett è un progetto di scontro frontale con l'"industria culturale" (o, ancora più stupidamente, di "assalto ai mass-media") equivale a non aver capito un cazzo di niente. Blissett è un esperimento pratico ( e gioioso) sul mito e sull'infiltrazione della cultura pop. Le "beffe mediatiche" non sono nemmeno la punta della punta dell'iceberg, come sa bene chiunque abbia letto i libri di LB o abbia visitato websites come <http://userpage.fu-berlin.de/"cantsin/luther>, <www.2mila8.com/luther> o <www.........>.

Inoltre, Vecchi scrive che alla "cassetta falsa di un rito satanico al Tg3" sono seguiti "mesi di silenzio". Questo dettaglio dimostra una volta per tutte che costui non sa di che parla.

La beffa satanica risale appena a marzo. Poche settimane dopo c'è stato un grande can-can gazzettiero e televisivo sul processo ai Luther romani. Nel mese di aprile sono usciti articoli a pioggia su Blissett, "Mediamente" (Rai3) ha dedicato due lunghi speciali al nome multiplo (il secondo dei quali curato da Bifo), c'è stato il blitz ad Antennacinema '97 (una vera e propria "rivoluzione copernicana" nell'ambito del progetto), e contemporaneamente le incursioni alla Biennale giovani di Torino. Mentre in molti newsgroups si svolgeva un acceso dibattito sull'annunciato libro di LB sulla pedofilia (che Castelvecchi farà uscire a giugno), ecco 'sta storia della Tamaro (e robe molto grosse bollono in pentola). Caro Vecchi, di ciò che non si sa bisogna tacere, per cui TACI DI BLISSETT. Per sempre. Ne sanno moooolto di più Piccinini e Di Genova. Taci, e torna a recensire "Bicamerale on line" o www.finanziaria_bis.it/stronz.

 

Luther Blissettt

 


Da "Il Manifesto" di mercoledì 7 maggio 1997

MASS MEDIA/UNO SCHERZO VI SEPPELLIRÀ

Smentito il coinvolgimento del gruppo Luther Blissett nella falsa notizia del suicidio della scrittrice Susanna Tamaro

 

di Benedetto Vecchi

Luther Blissett non c'entra nulla con la notizia falsa del suicidio di Susanna Tamaro. E lo rivendica con una telefonata all'Ansa di Bologna e con una dichiarazione a un notiziario della Rai. Tutto inizia tra sabato e domenica, quando alcune telefonate annunciano a destinatari diversi il suicidio della scrittrice italiana. Il controllo sull'autenticità della notizia porta a un nulla di fatto, ma le redazioni dei giornali cominciano a martellare la casa editrice della Tamaro cercando una smentita, che arriva regolarmente dalla Baldini & Castoldi.

Fin qui tutto normale: i soliti *boatos* della società dell'informazione.

Ma lo scherzo di dubbio gusto viene comunque raccontato dai giornali e qualcuno avanza l'ipotesi che dietro la falsa notizia ci sia Luther Blissett, il gruppo di "guerriglia mediatica" diventato famoso per alcune beffe nei confronti di case editrici e trasmissioni televisive. Ieri, infine, la smentita di un coinvolgimento di Luther Blissett nello scherzo.

La storia non ha nulla di eccezionale, ma è sempre un lancio dell'Ansa che riapre la partita, quando l'agenzia stampa riporta tra virgolette la dichiarazione di un esponente del gruppo che ricostruisce la genesi dello scherzo come una beffa antiblissettiana maturata in ambienti di un'ultrasinistra ortodossa ormai bollita nel proprio brodo, che da sempre è antipatizzante nei confronti di esperimenti più avanzati come quello di Luther Blissett". In altri termini, dopo aver teorizzato la guerra totale contro l'industria culturale, Luther Blissett sarebbe rimasto vittima di una beffa condotta con gli stessi mezzi.

Poi, il tono si attenua, ma le parole pesano come macigni e echeggiano i messaggi che hanno accompagnato alcune gesta del gruppo di "guerriglia mediatica" in gruppi di discussione del sito Internet "Isole nella rete".

Sinteticamente, le due posizioni possono essere riassunte così: da una parte Luther Blissett, che rivendica la legittimità di azioni provocatorie per smascherare l'azione manipolatoria dell'industria culturale, anche se si tratta di case editrici o riviste vicine all'arcipelago dei centri sociali o alla controcultura cyberpunk. Dall'altra c'è chi consiglia Luther Blissett di occuparsi di cose più serie, considerando il gruppo "espressione compiuta della spettacolarizzazione e disumanizzazione della vita quotidiana". Toni aspri, dunque, eppure rintracciare Luther Blissett è semplice, basta fare due, tre telefonate e si trova sempre qualcuno che parla a nome del "Luther Blissett Project".

E così è stato anche nel caso della finta notizia del suicidio di Susanna Tamaro. Per l'interlocutore intercettato al telefono Luther Blissett "è uno spettro che brucia le code di paglia di molti giornalisti". Inoltre, "una beffa fallita non si rivendica: o il capolavoro o il silenzio", afferma lo stesso interlocutore in una iperbole linguistica molto autogratificante.

Ma chi è Luther Blissett? Un gruppo che prende il nome da un giocatore del Milan - considerato prima un prodigio del prato verde e rivelatosi poi un mediocre artigiano del pallone - che ha come obiettivo l'assalto ai mass media.

Il "Luther Blissett Project" ha mosso i primi passi italiani - è presente anche in altri paesi europei - nella città di Bologna. Poi, si sono costituite "cellule" in altre città italiane, tra cui Roma, che ha visto un gruppo di giovani "blissettiani" denunciati per una protesta contro la soppressione di alcune linee notturne da parte dell'azienda di trasporto pubblico [?????????????].

Clamorose alcune beffe, che hanno coinvolto case editrici blasonate come la Mondadori, ma anche la piccola casa editrice romana "di tendenza" Castelvecchi è stata vittima di un'operazione di attacco alla cultura underground attraverso la proposta di un libro, poi stampato, spacciato da un "blissettiano" come opera di un noto esponente dell'underground (in questo caso sono stati coinvolti anche alcuni giornalisti, tra cui chi scrive).

Comunque, le operazioni più note di Luther Blissett sono quelle contro la trasmissione televisiva "Chi l'ha visto?" e spedendo [che c'entra questo gerundio?] una cassetta falsa di un rito satanico al Tg3. Poi, per mesi il silenzio, rotto solo dalla *querelle* nata intorno al brutto scherzo sul presunto suicidio di Susanna Tamaro.

 


[c'è anche uno sgrammaticato box:]

LA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO

La guerriglia mediatica

Il Luther Blissett Project si considera l'erede dell'Internazionale Situazionista e dell'analisi della società dello spettacolo di Guy Debord.
La sua origine è incerta - alcuni parlano dell'Inghilterra, altri l'Olanda - ma è indubbio che è l'industria culturale la bestia nera dei "blissettiani", tanto nella sua componente editoriale che nella sua produzione artistica. Il Luther Blissett odia la spettacolarizzazione della vita quotidiana e la combatte attraverso la spettacolarizzazione della produzione culturale [?]. Nel suo obiettivo, però, c'è anche l'underground, spesso preso di mira perché considerato, a torto, come un "manipolatore delle coscienze" al pari dell'industria culturale. In Italia, le roccaforti dei blissettiani sono a Bologna e a Roma, anche se non mancano cellule a Firenze, Venezia.