Dal "Corriere della Sera" di sabato 15 maggio 1999, pag.35

"NOI BLISSETT NASCOSTI TRA IL PUBBLICO DELLO STREGA"

BEFFE. Il reportage da Torino dei giovani autori di "Q" candidati al prestigioso Premio Strega

 

Pubblichiamo un intervento di Luther Blissett, nome dietro il quale si nascondono i quattro giovani autori di "Q", giallo storico pubblicato da Einaudi e candidato allo Strega [mi permetto un'interruzione: questa storia dei "giovani", come vedrete, è una fastidiosissima fisima del Corsera e dei suoi inserti che gli autori di Q cercheranno di superare, visto che a 30 o a 35 anni non si è più dei ragazzini...]

Forse non tutti sanno che Walt Disney simpatizzava per i nazisti. Se avesse vinto Hitler, forse il padre di Mickey Mouse sarebbe diventato presidente degli Usa, e oggi l'intero pianeta somiglierebbe a questa Fiera del Libro... Ed è proprio così che è andata. In tutto l'Occidente si gioca a nascondere il fatto che siamo in guerra, e qui vediamo all'opera dei veri professionisti della rimozione: su 1300 stand, solo in uno (1!), quello del piccolissimo editore Derive Approdi (G73), abbiamo visto messaggi sul conflitto in corso.

Uno sguardo sulla fauna che ci circonda: l'onorevole Mario Scelba usava l'espressione spregiativa "culturame". In ossequio ai dettami del "politically correct", non arriveremo a tanto, ma certo non è un bel vedere. Tutti ci fanno notare che quest'anno è pieno di bambini, ma questa potrebbe addirittura essere un'aggravante: in fin dei conti ce n'erano svariati anche a casa di Marc Dutroux (Marcinelle, Belgio), e non si può dire che la cosa abbia giovato alla sua immagine.

Che ci facciamo qui? Negli Usa lo chiamano "gonzo journalism", fare cronaca dall'interno degli eventi, calandosi con voluttà anche nelle situazioni più grottesche. Per fare il nostro sporco lavoro, abbiamo deciso di entrare dalla porta d'ingresso: candidarsi allo Strega. Ed eccoci qui. Caffè letterario, ore 17 del 13 maggio: come Robert Redford in "Brubaker", ci infiltriamo in ordine sparso tra gli spettatori. Alcune ragazze spacciano tra i tavoli micidiali cioccolatini, ciascuno dei quali contiene un quarto di litro dell'eponimo liquore. Con tre vai a dormire. Ci fermiamo a due.

Gli autori candidati salgono sul palco. Indovinate chi manca all'appello. Primo avviso: "Luther Blissett al tavolo!". Ci scambiamo rapide occhiate: in nome del dovere di cronaca, decidiamo di non farci riconoscere. Secondo e ultimo avviso: silenzio in sala. Il presentatore chiosa: "Bah, peggio per loro". Si comincia. Dopo alcuni minuti trascorsi a commentare planimetrie e carte catastali di svariati edifici da "salvare", ci investono frasi come: "I premi letterati sono la forma assunta dal mecenatismo nei regimi democratici" (da cui si desume che l'Italia è il regime più democratico del mondo); "La parola 'gap' può essere letta in modo generazionale: 'ghep' oppure 'gap'"; della vincitrice annunciata si dice che "non ha bisogno di presentazioni"... Ci sentiamo molto vicini a lei, anche noi siamo impresentabili.

Quando toccherebbe a Blissett, agguanta il microfono il direttore editoriale dell'Einaudi, che dichiara, ostentando un certo stile: "Gli autori di 'Q' sono pseudonimici e virtuali: non vengono, ma avvengono". Bel colpo, Ernesto. Dal palco, una domanda: "Perché parli al plurale?'.

"Perché Luther Blissett è plurale come l'immaginario'. Notevole. Mentre gli autori fanno passerella, il nettare del mecenate ha già preso il sopravvento: caracolliamo verso l'uscita fingendo di non conoscerci. Ognuno di noi sa quello che deve fare: non correre, non dar loro un pretesto per spararci alla schiena. Ah, dimenticavo: abbiamo vinto.

 

Luther Blissett

 


[il giorno dopo la presentazione, La Repubblica titolava a tutta pagina:

"LUTHER BLISSETT NON SI FA VEDERE". Una beffa nata dal nulla e fatta di nulla, purissimo zen!

 

Assieme al Corsera, è uscito l'inserto "IO Donna", che a pag. 93 contiene il seguente articolo:]

CHI SI NASCONDE DIETRO LUTHER BLISSETT?

Casi letterari: può un libro, scritto con uno pseudonimo e ambientato ai tempi di Lutero, aspirare a entrare nella cinquina del più famoso premio italiano? Sì. Ecco il racconto dei misteriosi autori di "Q", quattro ragazzi [aridaje!] bolognesi che hanno dato vita a un incredibile progetto

 

di Dino Messina

[Foto in alto: il volto "virtuale" dell'inesistente Luther Blissett. È una sintesi digitale di varie foto-tessere di anonimi cittadini italiani degli anni Trenta. Gli scrittori che si nascondono dietro questo nome lo hanno scelto come loro icona]

Comincia subito, l'equivoco. "Sono Blissett". Ma Blissett non esiste. "Va bene, sono Fabrizio Belletati". "E io sono Luca Di Meo". L'appuntamento con i quattro giovani [e aridaje. A fiòdena!] autori di Q, il giallo storico pubblicato nella collana Stile Libero di Einaudi (pagine 651, lire 26.000), che si nascondono dietro il nome del fantomatico pirata dell'informazione Luther Blissett, è di domenica pomeriggio alla stazione di Bologna. Gli autori del vero caso editoriale dell'anno, un libro che ha scalato le classifiche della narrativa italiana e che, con un grande colpo di teatro, è stato candidato al premio Strega dai critici Giorgio Ficara e Stefano Giovanardi, hanno accettato di togliersi la maschera, di parlare. Ma a modo loro. Intanto non si presentano tutti e quattro. Mancano, infatti, Federico Guglielmi e Giovanni Cattabriga (ma questi due esistono per davvero?). E poi non amano dilungarsi sulla loro vita privata. La carta d'identità che ci forniscono è incompleta, ma il racconto è abbastanza ricco da soddisfare le migliaia di lettori che hanno acquistato Q e dei fan che su Internet, seguono le gesta del fantomatico autore virtuale. Ci sediamo in un bar. Da dove cominciamo? Ma naturalmente dal nome, Luther Blissett. Nella realtà è un calciatore di origine giamaicana che militò nel Milan, con risultati disastrosi, durante la stagione '83-'84. "Sì, è vero", dice Belletati, occhialini tondi, casacca cinese, parlata brillante, accento bolognese. "Blissett non era un giocatore. Non si sa come il suo sia diventato un nome multiplo. Il fenomeno è nato agli inizi degli anni Novanta. In rete circolano strane leggende: che a cominciare tutto sia stato un giornalista del Giorno. Oppure un artista americano, Ray Johnson, l'inventore della 'mail art', morto suicida nel '95. Noi siamo soltanto una delle facce del fenomeno. Su Internet, se cercate alla voce Luther Blissett, ci sono migliaia di documenti. Noi siamo entrati nel gioco nell'estate del '94, con un piano quinquennale che scade quest'anno. Ecco perché abbiamo deciso di uscire, parzialmente, allo scoperto".

Questi cinque anni sono stati all'insegna delle beffe: "Sul Resto del Carlino", racconta divertito Belletati, "siamo riusciti a far pubblicare la falsa notizia che Naomi Campbell era a Bologna per farsi operare di cellulite. Per Mondadori abbiamo confezionato un testo-confessione della Net-generation, una bufala".

L'informazione e la giustizia sono l'ossessione dei nostri Blissett. "Il nostro progetto" racconta Di Meo, giubbotto blu, accento napoletano, conversatore riflessivo, "è stato di creare con il mito di Blissett una gigantesca bolla di informazione: non pilotata dall'alto ma dal basso". E di questa strategia fa appunto parte Q, il romanzo storico che la critica ha accolto con grandi applausi.

Ma da dove viene la vis polemica, persino fino all'eccesso, dei Blissett?

"Ci siamo formati nell'area underground della sinistra, nel mondo dei centri sociali" è la spiegazione di Belletati. "A Bologna collaboriamo a Radio Città del Capo, che fa parte del network di Radio popolare. Il nostro gruppo, composto da una trentina di persone, ha come origine e scopo la controinformazione. Ma, quando abbiamo aderito, le strategie erano obsolete: un esempio sono gli 'squatter', che si trovano sempre dove i mass media si aspettano che siano". Invece, nessuno si aspettava che il libro collettivo di quattro ragazzi [che par di balle!] vicini ai centri sociali venisse presentato il 13 maggio alla Fiera del libro di Torino fra i candidati al premio letterario per antonomasia: lo Strega, appunto.

"Siamo usciti allo scoperto perché finalmente abbiamo sferrato l'attacco frontale", dice Di Meo. "Per noi lo Strega è una buffonata, una delle tante istituzioni inutili di questo Paese. Naturalmente non ci interessa vincere, anche perché il primo posto è sempre assegnato in anticipo, ma se per caso dovessimo entrare nella cinquina, abbiamo consigliato alla Einaudi di comprarci il quarto posto. Comunque sia, ormai siamo in gioco. Cominciando dalla giornata del 13 maggio, scriveremo un reportage: 'Paura e delirio allo Strega'".

E ora, brevemente, la trama di Q. Non a caso il libro è concepito nella città dove insegnano Carlo Ginzburg, lo storico che ha scoperto il documento alla base del romanzo, e Umberto Eco, il semiologo che nel Nome della rosa ha raccontato di monaci ed eretici [già, se non fosse che Ginzburg non insegna più a Bologna da diversi anni ed Eco non ha influenzato in alcun modo la stesura di Q]. Anche se Belletati e Di Meo dicono di non aver nulla a che fare con l'università, di aver interrotto gli studi (o di essersi laureati, chissà?) quando hanno aderito al progetto Blissett. La storia è ambientata tra il 1518, anno in cui il riformatore Martin Lutero venne dichiarato eretico e il 1555, quando fu eletto Papa il cardinale avellinese Gian Pietro Carafa, moralizzatore della chiesa e nemico di protestanti ed eretici. Ma i grandi della politica restano sempre sullo sfondo.

Protagonisti del romanzo sono soprattutto gli umili, sia i contadini seguaci di Thomas Munzer, che crearono in Sassonia una sorta di repubblica comunista e furono massacrati nella battaglia di Frankenhausen, sia i membri di una setta anabattista italiana, di cui fece parte Tiziano, che è la voce narrante. L'avventura di Tiziano, accusato da un pentito della sua setta, il prete marchigiano don Pietro Manelfi, di aver cercato di convincere il Papa ad aderire al credo egualitario degli anabattisti - è questo il verbale scoperto da Ginzburg - fa parte di una trama più grande.

A ordirla è un agente segreto che è agli ordini del cardinale Carafa.

Firma le sue lettere con la sigla Q, come Qohelet, il più dissacrante fra gli autori biblici.

TRE ANNI DI LAVORO

Una struttura narrativa complessa, ma con una prosa incalzante. "Abbiamo lavorato al romanzo per quasi tre anni" spiega Di Meo. "Procedendo per fasi: prima il lavoro di ricerca, poi la sceneggiatura. Abbiamo seguito un metodo cinematografico". Nessuna divisione specialistica del lavoro. "Per amalgamare lo stile, per trovare la cifra giusta" racconta Belletati "ci siamo chiusi in un appartamento per una settimana, cercando di capire chi dei quattro fosse adatto a fare cosa". In un romanzo corale con tanti personaggi, continua Di Meo, "la scrittura collettiva è stata un vantaggio". Per una coincidenza, i quattro amici nel '95 avevano letto quasi contemporanemente tre libri, l'enciclica *Ut Unum Sint*, il saggio *Il movimento del libero spirito* del situazionista Raoul Vaneigem, e il romanzo *American Tabloid* di James Ellroy. Tanto è bastato per far scoccare la scintilla. Ma oltre alle esperienze politiche e alle letture c'è un altro elemento che accomuna questi giovani tra i 26 e i 34 anni che appartengono alla generazione dei "senza-posto-fisso"[apriti cielo!:-)]: l'amore per le arti marziali. "Tutti e quattro" dice Belletati, "insegnamo kung fu, lotta tradizionale, non contaminata dal kick boxing". Ma cosa c'entra il kung fu con la letteratura? " L'arte marziale è lo stile e senza stile non fai che dimenarti. Il kung fu ti aiuta a usare la forza dell'avversario e a rivolgerla contro di lui, a fargli capire che ha perso prima di poter sferrare il primo pugno".

Nello "stile Blissett" rientra anche la scelta di un modello letterario, il James Ellroy della quadrilogia di Los Angeles, un affresco storico dell'America dai tempi di Kennedy ai giorni nostri [ehm... in realtà il "Los Angeles Quartet" si svolge negli anni Quaranta e Cinquanta]. "Noi abbiamo idee precise sul romanzo storico", continua Belletati. "Se i grandi sono in primo piano, l'allegoria risulta meno efficace. Proprio per questo i vari Ramses e Alexandros sono prodotti di infima qualità. Ma sbaglia chi sottolinea l'aspetto colto del nostro lavoro: noi siamo più concentrati sul romanzo di genere, da Chandler ad Hammett e Leonard, anche se non ci dispiace il Gadda di *Quer pasticciaccio brutto de via Merulana* e il vecchio Honoré de Balzac". Un'ammissione che, apparentemente, contrasta con la colta dichiarazione di poetica che i due aggiungono poco dopo: "L'inizio è la fine di un'epoca si assomigliano. Il nostro Q parla di Lutero, il primo grande comunicatore di massa, il primo a usare l'invenzione della stampa, una rivoluzione importante quanto lo è per noi quella di Internet. E poi ci sono il capitale finanziario dei Fugger, veri e propri Soros, agli albori del capitalismo; gli esodi di massa, paragonabili a quelli di oggi nei Balcani; la nascita di un'idea d'Europa; l'assalto di un'armata internazionale a una piccola comunità, dopo il quale si determinerà per forza un nuovo ordine". E della letteratura contemporanea, cosa pensano i nostri Blissett? A rispondere è Di Meo: "Detestiamo gli scrittori che si guardano l'ombelico, i minimalisti". Anche Carver, il padre di tutti loro. Dietro a lui, abbiamo scoperto ora, si nascondeva un editor che gli rifaceva quasi completamente i racconti. "Ma è la scoperta dell'acqua calda" ride Di Meo. "Perché la scrittura è sempre collettiva".

 

Dino Messina