ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA RICERCA EURISPES

"L'insurrezione invisibile: Il caso Luther Blissett".

 

Il 29 gennaio l'istituto di studi politici, economici e sociali EURISPES ha presentato nell'aula magna dell'università "la Sapienza" di Roma il suo Rapporto Italia 1999, nel quale all'interno della sezione "Menzogna/Verità" è presente un'ampia scheda sul "caso Luther Blissett".

Nonostante i ricercatori dell'EURISPES dimostrino di essersi ben documentati sul Progetto e di aver cercato di comprenderne e rispettarne gli aspetti più radicali, ad esempio con il tentativo di una analisi cartografica invece che interpretativa o statistica e di muoversi sul limite di una desoggettivizzazione in Luther Blissett, il risultato non cambia, si tratta comunque della solita forzatura sistematizzante, di una scheda, ovvero di una schedatura negli archivi dell'intellighenzia borghese. La cartografia poi presentata non lascia spazio alla molteplicità del Network degli Eventi come ci vorrebbero far credere, ovvero l'EURISPES da una parte si autocompiace di aver compreso il Progetto Luther Blissett come un'esperienza di discontinuità con la critica radicale situazionista, una sorta di provocazione intellettuale nei confronti di quei ricercatori più sprovveduti che lo credono ancora l'avanguardia di un'area emergente (assolutamente inesistente) che hanno chiamato "neosituazionista", in realtà un insieme di buffoni emulatori alla corte dei media e dei salotti radical-chic, dall'altra questa discontinuità non hanno potuto o non hanno voluto comprenderla come un superamento della concezione idealista e reificata della "totalità" dei situazionisti (lo Spettacolo appunto), cioè come il raggiungimento di un livello di scontro più alto, adeguato alla riconfigurazione attuale della totalità e all'accelerazione del movimento stesso delle sue riconfigurazioni (che esige oggi la lotta sistematica all'ideologia situazionista in quanto parte delle ideologie della classe dominante).

Questa discontinuità è fatta passare invece come un allontanamento per adesione all'ideologia postmodernista più radicale, probabilmente la stessa cui questi ricercatori dell'Eurispes aderiscono (a dire il vero in maniera pure approssimativa!), cioè quell'ideologia ambiguamente libertaria che si rifiuta di ammettere l'esistenza della totalità, cioè in definitiva di un dominio rappresentabile in modo finito, con dei margini e dei centri precisi, con le sue specifiche determinazioni, di una classe che opprime materialmente e intenzionalmente la specie umana e che produce le ideologie necessarie a giustificare, occultare, riprodurre l'oppressione. La classe dominante peraltro non ha più neppure la necessità d'intervenire direttamente nella produzione d'ideologie, giacché queste (specialmente nella loro forma-merce) sono diventate ormai esse stesse una necessità del corpo sociale dei dominati, una vera e propria forma di tossicodipendenza. Essa occulta cioè l'oppressione più in profondità occultando se stessa, il soggetto. È fin troppo chiaro quindi che i postmodernisti radicali che hanno puntato tutto sulla desoggettivizzazione non siano più in grado di cogliere il soggetto che agisce l'oppressione (...che rispunterebbe fuori invece per de-oggettivizzazione, in pratica rendendo evidente che il capitale non è uno stato di cose naturale, ma il frutto di una forma particolare e storicamente determinata di oggettivizzazione del lavoro umano!).

Quest'oppressione senza soggetto, senza classe dominante, oggettivizzata in uno "stato delle cose", è poi continuamente iper-esposta in forma di meta-narrazione ridondante in mezzo a montagne di balle, un'iper-esposizione, di cui si è fatta complice anche parte della controcultura e del movimento antagonista, che fa sparire l'oppressione in una ridda di altre oppressioni immaginarie, alle quali non si possono che proporre soluzioni immaginarie (il potere è patafisico prima che situazionista!). Moltiplicandone le forme immaginarie, inventandone sempre di più verosimili, l'oppressione reale diviene un'ipotesi tra le altre, ovviamente meno verosimile, spesso addirittura il frutto di un'astrazione mentale o al contrario una banalità troppo materiale rispetto a oppressioni irreali come quelle psicologiche o esistenziali. Per il postmodernismo radicale non abbiamo ormai più speranza giacché la verità non esiste! Ma solo una teoria pigra e debole può rinunciare a riconoscerne l'esistenza, solo una teoria reazionaria che la vorrebbe immobile, che sogna nell'impotenza della teoria fine a se stessa un'oggettivizzazione totale (le tesi radicali più recenti sviluppatesi in Italia in questo senso sono il sex appeal dell'inorganico, il post-organico, il cyberfemminismo, il feticismo metodologico...), una morte del soggetto nella vittoria definitiva della verità delle cose (che vive di ciò che in noi muore di vero e soggettivo), può rassegnarsi a rincorrerla. È chiaro che se per il postmodernismo radicale il dominio è ovunque, uno stato delle cose (ed è per questo che non è totalità: non ha centri e dunque neanche confini e limiti, esso non si dispiega su un tutto spazio-temporale ma sull'immanenza stessa, un dispiegamento quindi ovviamente paradossale, dunque precario! Tanto che nel postmodernismo più estremista il dominio può raggiungere addirittura livelli interplanetari!), esso avrà anche delle crepe, delle debolezze, cioè sarà aggredibile proprio a causa di queste incredibile estensione che gli fa perdere in intensità. Ma giacché in riconoscimento di questa possibilità è demandato sempre e solo sulle marginalità, agli estremi, alle devianze, al bizzarro, all'eccessivo, agli alieni, all'assurdo, ecc. si riconosce in pratica un tipo di aggressione ontologicamente limitata e mai davvero efficace, senza prospettive di rovesciamento, che salva alla fine sempre la struttura con l'elogio della non struttura la norma con l'elogio dell'eccezione, la cosa con l'elogio dell'alterità, ecc. È vero quel che dice l'Eurispes: Luther Blissett ha sempre agito senza considerare lo Spettacolo una "totalità pervasiva e inattaccabile", ma questo non perché si sia rassegnato a considerarlo uno stato delle cose ormai esteso aldilà dello spazio e del tempo, quindi un dominio che esiste - e - non - esiste allo stesso tempo, che opprime più in profondità e che offre più possibilità di movimento (libertà?) allo stesso tempo, cioè che offre anche l'opzione sovversiva (in fondo l'effetto sortito da questa opzione, anche se violento, a lungo andare sarà sempre il rafforzamento del dominio, come il virus depotenziato dei vaccini!). La società dello spettacolo non lascia il posto ad una società dell'allucinazione, in cui lo spettacolo si invera alla lettera, in cui una totalità concreta diviene la totalità dell'immaginabile stesso, ma si è trasformata velocemente in una nuova totalità, certo per molti aspetti più articolata, ma per altri anche semplificata, comunque sempre concreta, finita, comprensibile, in relazione dialettica con le soggettività del pianeta e in ultima analisi rovesciabile, in quanto al suo interno le parzialità che la giustificano rimangono le stesse scoperte da tempo dalla teoria e dalla pratica rivoluzionarie. Quando i ricercatori dell'Eurispes affermano che "Luther Blissett (...) rifiuta (...) l'indistinzione tra il vero e il falso come ineludibile" e che per lui "si tratterebbe di sottrarre l'organizzazione del falso al monopolio del potere", giacché "questo lo renderebbe così immediatamente riconoscibile, circoscritto a determinate attività dell'agire comunicativo e delle relazioni umane" in realtà non dicono nulla, nel tentativo di spiegare uno degli aspetti più radicali del Progetto Luther Blissett realizzano un'astrazione incomprensibile che può voler dire "tutto e il contrario di tutto" per non dover dire chiaramente che quella sottrazione del falso al monopolio del potere è l'abbattimento dello Stato e del Capitale, è la Guerra di Classe!

Sono troppo postmodernisti per diventare Luther Blissett fino al punto di riconoscere il vero a partire dalla Guerra di Classe, dalla molteplicità anonima e spaventosa che lotta per la vita. Luther Blissett è una molteplicità, e può darsi anche che sia stata per molti un'esperienza di desoggettivizzazione, ma non per questo è un'ideologia della molteplicità e della desoggettivizzazione, una sua reificazione, cioè un postmodernismo radicale. Questo invece è proprio ciò che si desume dalla ricerca dei postmodernisti radicali dell'Eurispes!

Luther Blissett ha superato la costruzione di situazioni, senza peraltro derivarne "genealogicamente", perché ha tentato la produzione di una teoria e una pratica radicale al di fuori delle diverse forme di reificazione in cui era caduto il metodo dialettico rivoluzionario (anarchico, comunista, situazionista) e dei diversi postmodernismi radicali, con successo, ma anche con errori proprio in quanto tassello del percorso erratico di una molteplicità reale. Ha cioè saputo utilizzare la dialettica radicale, ormai squalificata da tutti come un dualismo arcaico (e di dualismo non si tratta affatto, semmai di una triangolazione simile a quella giudaico-cristiana o edipica!), laddove essa era di fatto l'unico strumento valido, e ha saputo utilizzare quelle poche innovazioni critiche interessanti del postmodernismo radicale liberandole dall'ideologia (questa sì operante ingenuamente con rigide contrapposizioni binarie, in cui "differenza", "molteplicità", "pluralità", "nomadismo", "alterità", "devianza", "eccesso", "estremo", "rizoma", "margine", "assurdo", ecc. sono concetti reificati bellamente schierati da un lato dello steccato teorico in quanto inequivocabilmente tesi contrapposte ad antitesi! Un meta-dualismo ancora più pernicioso dei dualismi classici!). Il progetto Blissett insomma è un'esperienza di superamento e non di semplice discontinuità e presa di distanza (e non solo con la teoria e pratica situazionista dunque!) in quanto ha fatto suoi in un momento sintetico e non per questo non-molteplice esperienze storicamente diverse, ha criticato praticamente tutte le ideologie contemporanee senza disperdere di volta in volta l'oggetto della propria critica, ma trasformandolo, deturnandolo a proprio vantaggio e questo è proprio il senso del superamento. Il comunista inglese Terry Eagleton ha scritto sul The Times Literary Supplement: "Per quanto concerne "la teoria", il fatto che l'Occidente oggi sia imbottito di giovani e brillanti zombie che sanno tutto di Foucault e assai poco di sentimenti non è una ragione per concludere che Julia Kristeva avrebbe dovuto limitarsi alla poesia lirica."

Il rovesciamento dello Spettacolo sarebbe poi un evento lontano dal mio Network degli Eventi? A parte il fatto, ripeto, che il termine Spettacolo non so più davvero cosa voglia dire...ma i ricercatori dell'Eurispes e tutti gli altri giovani zombie come loro dovrebbero mettersi in testa che comunque vada la storia, non finisce qui, la rivoluzione o come cazzo le stelle del General Intellect oggi vogliono chiamare quello che sta accadendo e che non smette di accadere senza che nessun postmodernista radicale ci capisca una virgola è "a prescindere" un NETWORK DEGLI EVENTI! E sarò proprio IO!

C'è comunque di che felicitarsi perché con questa ricerca molti intellettuali e giornalisti sinistronzi penseranno finalmente di aver capito tutto e come al solito non avranno capito un cazzo, dandomi così l'occasione di spiazzarli per l'ennesima volta. Questa ricerca fa quindi il mio gioco, essa proprio in quanto il meglio della ricerca e della storicizzazione borghese su Luther Blissett mi permette di proseguire la mia autostoricizzazione senza più inutili equivoci. L'Eurispes invece di divenire-Luther Blissett come da premessa ha fatto diventare Luther Blissett ricercatore dell'Eurispes! Tanto meglio!

 

Coagulo Vino-al-vino

Progetto Luther Blissett