Da "La talpa libri" de "Il Manifesto", giovedì 27 aprile 1995, pag.VIII:

RIVISTE

UN NOME COLLETTIVO PER RETI COMUNICATIVE

di Benedetto Vecchi

Siamo tutti Luther Blissett. Ovvero tutti, senza distinzione di sesso, razza e età biologica, possono diventare dei guerriglieri psichici che si battono contro il potere manipolatorio dell'industria culturale. A prima lettura può sembrare il biglietto da visita di un qualsiasi gruppuscolo neosituazionista, ma invece è l'editoriale di apertura di una rivista che segnala l'avvenuto giro di boa compiuto da un'ambiziosa rete comunicativa, cioè le persone che firmano le loro performances con il nome collettivo Luther Blissett. Generalmente sono azioni provocatorie, che mettono a nudo questo o quell'aspetto coercitivo dell'industria della comunicazione, sia che si tratti del mercato dell'arte, che la pervasività della televisione nella vita quotidiana.

Sull'identità di Luther Blissett si sa poco - è il nome di un calciatore transitato in Italia per un anno -, mentre sulle gesta dei partecipanti al progetto che prende il suo nome molto è trapelato negli interstizi delle reti telematiche, o dai microfoni di radio pirata. Una cosa però è certa: che il cuore pulsante di Luther Blissett batte a Bologna [NON È VERO!!!!!! Se cerchi di calcolare la mia posizione, ti sfuggirà la velocità della mia diffusione. Se cerchi di calcolare la velocità della mia diffusione, rinuncia fin da subito a cercarmi. Puoi trovarmi solo diventando me. N.d.LB.]. Per alcuni anni, il suo nome è apparso sulle reti telematiche, poi alcuni opuscoli hanno cominciato ad essere diffusi nell'arcipelago dei centri sociali. Infine, la libreria Grafton 9 di Bologna (via Paradiso 3, tel. 051/266320) insieme a Luther Blissett hanno deciso che era arrivato il momento di pubblicare una rivista.

L'iniziativa editoriale è da prendere in seria considerazione, almeno per due motivi. Il primo, più direttamente politico, concerne la riflessione situazionista sull'industria culturale; il secondo riguarda invece la messa a nudo delle forme di controllo sociale attuate partendo dalla riorganizzazione degli spazi metropolitani.

Tuttavia, il primo punto è quello più fecondo, visto che la rivista affonda subito i suoi artigli su un punto che è cruciale per l'analisi dell'industria culturale, cioé la presenza di uno stile che unifica i diversi prodotti culturali. La critica della creazione di uno stile unitario ha visto nel passato fronti contrapposti e ben agguerriti. Da una parte, Theodor W. Adorno e la scuola di Francoforte che denunciavano il pericolo di un'omologazione dell'attività intellettuale. Dall'altra, Jauss e i discepoli dell'"estetica della ricezione" che vedevano nella creazione di uno stile unitario la vera novità della moderna industria culturale. Invece, per il gruppo di Luther Blissett questo è il dominio del codice: un dominio che annulla le identità, massifica il gusto e plasma il mercato, anche se inscrive nel suo modo di produzione la necessità di una diversificazione della domanda. Allora, il problema è di portare il caos nell'industria della comunicazione, cancellando la favola della creatività artistica individuale, battendosi contro il copyright, portando la guerra nei luoghi sacri dell'accademia. Attività che il progetto Luther Blissett per il momento svolge molto bene.

 


 

NOTA DI LUTHER: Sulla rivista in questione non c'è scritto assolutamente n-i-e-n-t-e del genere, né è citata alcuna testa d'uovo del pensiero critico novecentesco. La benintenzionata squinternatezza di questa recensione inscrive a tutto diritto Benedetto Vecchi nel Luther Blissett Project.