Da "Il Tempo - cronaca di Roma", giovedì 13 marzo 1997

TENDENZE: PROCESSO AI SEGUACI DEL CAOS DEI MEDIA

I giovani aderenti alla neoavanguardia artistico-culturale accusati di oltraggio, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale

 

di Maurizio Giallo

Un dialogo impossibile. Due culture a confronto: quella arida e concreta della legge, quella multimediale e creativa della neoavanguardia [che è, il Gruppo 63?]. Imputati e accusatori, giudici e testimoni si muoveranno sulle sabbie mobili del linguaggio oggi in aula durante il processo a quattro degli innumerevoli Luther Blisset [sic] (un nome dietro il quale si celano più persone) rinviati a giudizio su richiesta del pm Gloria Attanasio per oltraggio, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Questa mattina i quattro, appartenenti ad un movimento socio-artistico che considera l'identità come "ergastolo dell'io", dovranno declinare le loro generalità e quindi "svelarsi", se non altro attraverso il loro legale, l'avvocato Arturo Salerni. Ma i Blisset [sic] hanno le migliori intenzioni di trasformare il dibattimento in una delle loro provocatorie performances.

L'appuntamento odierno a piazzale Clodio è stato annunciato ieri nel corso di una conferenza stampa ospitata dalla Art Gallery Internet di via degli Irpini, a San Lorenzo. L'episodio sotto accusa risale alla notte fra il 17 e il 18 giugno del '95. I Luther lo descrivono [come] un "progetto ipermediale che ha coinvolto una rete collegata a Radio Città Futura, ascoltatori attivi dispersi lungo telefoni pubblici o nelle loro case, alcune automobili che, sintonizzate sulla radio, si spostavano lungo linee metropolitane determinate di volta in volta dal desiderio, dal caso, da istanze nomadiche che trasformano la mappa psichica della città in una sorta di ipertesto su cui cliccare con i corpi, le auto, i media integrati". Che significa? Semplice: un gruppo di giovani che vive la metropoli come una rete informatica e si vuole riappropriare degli spazi urbani attraverso vecchi e nuovi mezzi di comunicazione ha organizzato una "festosa perlustrazione" notturna della Capitale in autobus. I bus dell'Atac sono stati trasformati così in un laboratorio, le strade della città nel circuito di una protesta dissacrante ma pacifica. L'happening, però, si è concluso con quattro denunce penali. Lasciamo ancora la parola a Blisset [sic]: "il tram ludico arriva a piazza Ungheria e qui si arresta bruscamente la sperimentazione, arrivano le forze dell'ordine che, incapaci di decodificare l'evento, decidono di reprimerlo immediatamente, esplodendo anche alcuni colpi di pistola in aria". I Blisset [sic] rifiutano ogni addebito e si dichiarano completamente innocenti, salvo volerli accusare di non aver pagato il biglietto. Il Gip che ha deciso di mandarli alla sbarra la pensa diversamente.

Ad accogliere i giornalisti nei locali della Art Gallery, ci sono gigantografie della richiesta di rinvio a giudizio del quartetto (naturalmente con i nomi degli imputati cancellati) e del verbale di polizia redatto quella notte, mentre su uno schermo va in onda il video della performance sul bus con il sottofondo di un frastuono metallico che scandisce il susseguirsi delle immagini. L'antropologo Massimo Canevacci ha parlato del progetto Blisset [sic] e della sua concezione dell'identità individuale. La critica d'arte Lidia Reghini Pontremoli ha fatto riferimento alla "devianza" e allo "slittamento lessicale". E oggi, davanti ai giudici della IV sezione del tribunale, l'avvocato Salerni dovrà conciliare due mondi lontani anni luce: quello governato dal codice penale e quello della sperimentazione e della trasgressione massmediologica.