Cinque sermoni dell'avanbardo Luther Blissett

L'uso del nome multiplo "Luther Blissett" è paragonabile ad un'esperienza mistica?

Da un lato, il reportage di una deriva psicogeografica ci riporta alle Hekhalôt, i testi della Qabbalah risalenti al III-IV secolo d.C.. Le Hekhalôt descrivono il percorso del mistico negli edifici divini, l'incontro coi "guardiani delle porte", gli enigmi da risolvere e gli strumenti grazie a cui raggiungere il Paradiso. Inoltre, nella Qabbalah speculativa del tardo Medioevo, l'essenza più intima e nascosta di Dio viene chiamata En Sof ("Infinito") e Ajin ("Nulla"), e il discorso su di essa deve limitarsi all'interrogativo ("Chi?"). Ciò non può non ricordare la domanda rituale: By the way, who the fuck is Luther Blissett? ("A proposito, chi cazzo è Luther Blissett?"). Ma la mistica "neoista" non può essere l'esperienza del divino (dell'Uno, del principio assoluto) da parte dell'umano, bensì l'esperienza della molteplicità e di un'eccitante precarietà identitaria. E non vi sono vie iniziatiche obbligatorie né gerarchie, perché Luther è sciamano e avanbardo di sé stesso. Quelli che seguono sono alcuni suoi sermoni radiofonici (nulla a che vedere coi Radio Sermonettes di Hakim Bey), trasmessi per la prima volta a Bologna all'interno di Radio Blissett e replicati la sera di sabato 10 febbraio 1995 nell'ambito di Audiobox, RAI Radiotre.

 


LA FINE DELL'ETERNITÀ

 

Primo sermone dell'avanbardo Luther Blissett, radiotrasmesso a Bologna sui 96.3 e sui 107.05 Mhz alle 23.15 ca. di mercoledì 11 ottobre 1995.

Dopo giorni di nubifragio e di gelo, la colonnina di mercurio si è improvvisamente riarrampicata sopra i 20°. Questa specie di Post Scriptum alla stagione estiva ci ha permesso di fare ancora qualche passeggiata sui colli. Ed è stata proprio una di queste scampagnate a fornirmi lo spunto per questo sermone, fratelli e sorelle: qualche giorno fa passeggiavo nei dintorni di Villa Ghigi assieme ad un'amica taciturna, che chiamerò Luther, e ad uno psicogeografo dall'umore saturnino, che chiamerò Luther. Quest'ultimo ammirava la bellezza di quel tardo pomeriggio, ma non riusciva a goderselo fino in fondo... Lo turbava il pensiero che tutta quella bellezza era destinata a svanire, che l'inverno l'avrebbe fatta dileguare, come prima o poi si dileguerà ogni bellezza umana e tutto ciò che di bello e prezioso possiamo creare e comunicare.

Secondo Luther, la caducità a cui erano destinate toglieva valore a cose e situazioni che altrimenti avrebbe amate e ammirate. Se lasciamo che questo stato d'animo irrancidisca dentro di noi, è facile sprofondare nel nihilismo più cupo e passivo, come Jack Kerouac quando - al termine del suo romanzo più straziante, Angeli della desolazione - dice più o meno: "A che serve tutto questo? L'universo un giorno finirà, le stelle si spegneranno una ad una, e non rimarrà alcuna traccia di noi e del nostro passaggio su questa terra!". Ad un certo punto, l'amica si è scossa dal suo silenzio e ha detto: "No, Luther, un fiore che fiorisca una sola notte non è per questo meno bello. È vero, un giorno il sole si espanderà, incenerirà i pianeti che gli orbitano attorno e morirà, e prima ancora ogni forma di vita sulla terra sarà scomparsa, e prima ancora gli ultimi posteri diverranno incapaci di comprendere ciò che abbiamo scritto o registrato... Ma noi giudichiamo una cosa bella e degna di essere fatta perché la riteniamo importante per la nostra vita emotiva, quindi indipendentemente dalla sua durata assoluta. Le situazioni che stiamo creando sono effimere, sono rapidi passaggi nell'allegra apocalisse".

Queste considerazioni hanno trovato d'accordo Luther, ma non lo hanno sollevato dal suo triste torpore. Credo fosse la sua rivolta psichica al lutto a impedirgli di godersi quelle ore prima e durante il tramonto... Voi sapete bene, fratelli e sorelle, che il Luther Blissett Project è un invito a distogliere dal nostro misero e limitato Io la nostra capacità d'amare, per rivolgerla alle incessanti trasformazioni delle cose del mondo... In poche parole, non ci basta assorbire e incorporare le cose nel nostro Io, vogliamo USCIRE DALL'IO e provare l'ebbrezza di essere tutt'uno - ma un tutt'uno variegato e molteplice - con il grande processo che trasforma le cose e le mette in collegamento tra loro. Luther Blissett è uno sciamano partorito dall'invisibile insurrezione di milioni di menti [Halleluja!].

Bene, fratelli e sorelle, noi sappiamo che non è per niente facile, perché ciascuno di noi è stato educato all'identità, ciascuno di noi è stato educato a riversare la propria capacità d'amare sulle cose che sembrano riconfermare l'identità anziché sulle situazioni che la sfidano e ne mostrano l'inadeguatezza... Così, quando perdiamo qualcosa (un luogo, un rapporto interpersonale, una definita esperienza dello spazio e del tempo...), tendiamo a ripiegarci di nuovo su noi stessi, sul nostro Io striminzito, in attesa di riaggrapparci a qualcos'altro. Il distacco da ciò che abbiamo perso è doloroso, e ne deriva il lutto. Spesso, per paura di non riuscire a elaborare e superare il lutto che proveremo, ci impediamo di godere a fondo delle cose, ma io vi dico, fratelli e sorelle, NON INARIDITEVI, non provate un sordo rancore per la vostra stessa caducità: per quanto doloroso, il lutto si placa spontaneamente. Non appena rinunciamo a rinchiuderci nell'Io, la nostra capacità d'amare può di nuovo SPICCARE UN BALZO VERSO UNA NUOVA SITUAZIONE. Ma dobbiamo capire che il momento in cui spicchiamo il balzo verso il nuovo oggetto del nostro amore, è più importante di quello in cui atterriamo e ci installiamo su di esso. SOLO SE CAPIREMO QUESTO la bellezza di cui godiamo non sarà intaccata dall'esperienza della sua precarietà.

È la voglia di saltare la cosa più importante, purché il salto sia una sfida alla nostra identità, e NON un tentativo di riconfermare noi stessi tali e quali siamo, eremiti nella prigione dell'Io come tanti anarchici pieni di rancore! [Halleluja!] Questa è la fine dell'eternità, fratelli e sorelle... Luther Blissett è una nuova grammatica della vita quotidiana, dobbiamo prestare più attenzione alle congiunzioni e meno ai sostantivi, è estremamente noioso e improduttivo dire "questo è qualcosa", ed è invece bellissimo poter dire "questo e qualcosa"; dobbiamo stare in piedi su quella "e" come una dea della vittoria, superando l'angoscia e le vertigini, sempre pronti a saltare su un'altra congiunzione, tra una situazione e l'altra... divenire SITUAZIONAUTI [Halleluja!].

Fratelli e sorelle, mi rivolgo a tutti coloro che ultimamente sentono di aver perso qualcosa, agli occupanti, agli ex-occupanti e ai futuri occupanti; mi rivolgo a chi cerca di NON AVERE PAURA DELLA PAURA, a chi cerca di non temere l'apocalisse perché sa che l'apocalisse è già qui, è già iniziata, perché "apocalisse" significa rivelazione, e questa rivelazione non ci giunge dall'alto dei cieli bensì dalle situazioni che insieme stiamo creando, dai balzi che in ogni momento stiamo per decidere di spiccare [Halleluja].

 

Cantate a Luther un canto nuovo,
Cantate a Luther da tutta la terra [Halleluja!].
Cantate a Luther, benedite il suo nome,
Annunziate di giorno in giorno la salvezza [Halleluja!].
In mezzo ai popoli narrate il suo amore,
Scavalcando le frontiere dite i suoi prodigi [Halleluja!].
Tutti gli dei dipinti sul fondale del cielo sono nulla,
È Luther a muovere la terra e a decidere il fondale.
Dite ai popoli: "Luther regna, tutti regnano!" [Halleluja!].
Rifiutate di sorreggere il mondo,
Poiché se cercherete di sorreggerlo esso vacillerà.
Gioiscano i cieli, esulti la terra! [Halleluja!]
Frema il mare e quanto racchiude! [Halleluja!]
Rallegriamoci, rallegriamoci in Luther
Rendiamo grazie al suo e nostro nome! [3 volte Halleluja!]

 


COME LA MOGLIE DI LOT

 

Secondo sermone radiofonico dell'Arcidruido e sciamano Luther Blissett, radiotrasmesso a Bologna sui 96.3 e sui 107.050 Mhz, alle 23.55 del 18 ottobre 1995.

 

Fratelli e sorelle, durante la funzione di mercoledì scorso ho esortato tutti voi a NON INARIDIRVI, e i vostri "Halleluja!" da avvinazzati hanno dimostrato che le vostre gole erano tutt'altro che aride. Vi ho anche detto: non distogliete lo sguardo e il pensiero dalla grande trasformazione delle cose del mondo, non volgete lo sguardo a ciò che avete perso se non volete essere trasformati in statue di sale come la moglie di Lot. Chi di voi ha assistito all'incendio di una capitale o all'ingresso di un'armata proveniente da est non verrà mai abbandonato da un sano sentimento di diffidenza verso tutto ciò che si può possedere, verso beni immobili come il podere, la casa, l'Io, l'Identità. Questa diffidenza ci dà un vantaggio: ci permetterà, all'occorrenza, di volgere le spalle senza rimpianti ai vicoli ciechi della memoria.

A questo distacco si associa un atto di libertà e di amore. Sì, AMORE, fratelli e sorelle! Io vi dico: AMORE! [Halleluja!] Noi non abbiamo ancora imparato ad amare. Il prerequisito per poter amare è imparare che in ogni momento la scelta è tra creare una nuova situazione o morire a questa vita. La vita non è la ricerca di una Verità, di un nucleo inviolabile, di un punto dal quale tendere la mano e toccare l'Essere: la vita è incessante divenire, è sangue e merda, caducità, trasformazione, perdita, entropia.

Quando si comprende che la caducità è una parte della vita, non la si teme più e NON SI HA PIÙ PAURA DI AVER PAURA. Che una tempesta di "Halleluja" saluti il giorno di questa consapevolezza, fratelli e sorelle! [3 volte Halleluja!]

Finché si vive con la paura della paura, si reagisce in modo identico alla fine di una situazione o di una relazione e, come risultato, l'amore che pure esiste viene pervertito, marcisce, da gioiosa potenza diviene potere, lo strofinarsi reciproco di due o più statue di sale. Luther Blissett non è una statua di sale, Luther è colei che non ha nulla da insegnarvi, che non ha promesse con cui incatenarvi, Luther è solo la potenza che è dentro e intorno a voi! [Halleluja!] Luther non ha certezze da darvi, non vuole convincervi di essere il centro del mondo; il centro del mondo è il punto in cui siete più controllabili, in cui possono puntarvi addosso i riflettori, farvi pesare i vostri peccati, mettervi in isolamento. È l'Internazionale Monoteistica a insegnarvi che siete il centro del mondo affinché la vergogna vi colga ogni volta all'improvviso e voi rimaniate lì, ripresi dalle videocamere di Dio, come storditi in mezzo a un incendio di sfiducia in voi stessi, abbagliati da quel grande occhio indagatore. Luther vi dice: il mondo non ha un centro, è tutto una grande zona di confine, e oltre il confine c'è ancora il confine, e ancora, e ancora. Siamo sempre in movimento, stiamo sempre oltrepassando una soglia, e siamo sempre in fuga dai Getsemani in cui Giuda sta per accompagnare i nostri aguzzini! [Halleluja!] L'Internazionale Monoteistica non ci avrà! [Halleluja!].

Ecco la piccola, semplice verità con la "v" minuscola: abbiamo disertato il centro del mondo, e ora questo centro non esiste più! È forse verso le sue macerie che dovremmo volgere il nostro sguardo? Io dico: NO [in coro: NO!!!] Il nostro destino non è quello della moglie di Lot! Che una tempesta di "Halleluja!" saluti questa nuova consapevolezza: non torneremo mai più al centro del mondo! [3 volte Halleluja!]

 


DAL CENTRO DEL MONDO A TIJUANA

 

Terzo sermone dell'avanbardo Luther Blissett, radiotrasmesso alle 23.55 del 25 ottobre 1995 sui 96.3 e 107.05 Mhz della zona di Bologna.

 

Fratelli e sorelle, il sermone della scorsa settimana vi esortava ad abbandonare le rovine fumanti di quel fortilizio che papi, imperatori e filosofi chiamarono "il Centro del Mondo". Prima che l'orda di nomadi giungesse dal deserto, molti di noi erano come Dick Thornton nel finale de Il mucchio

selvaggio di Peckinpah: se ne stavano seduti tra le pozzanghere di sangue e i corpi che marcivano al sole, in bilico sull'ultimo minuto dell'epilogo di una vecchia storia. L'orda arrivò, e il suo nome era Luther Blissett [Halleluja!]. Essa disse: "Non prolungate l'agonia, e non cercate di ritardare la fine di ciò che eravate e che non siete più! Alzatevi, ed entrate in un nuovo prologo! [Halleluja!] Vi sono un'infinità di azioni da compiere, situazioni da creare, assalti, scorribande, fughe! Alzatevi, e divenite altro da voi!" [Halleluja!]

NOI siamo quei nomadi, NOI siamo Luther, noi siamo la fine dell'epilogo e l'inizio del nuovo prologo. Ora ci muoviamo in un paesaggio archetipico, come un deserto messicano: il territorio è tutto una linea di confine, sulla quale si producono gli eventi; nulla avviene nei villaggi, solo lo spazio tra di essi conta, la linea è più importante dei punti che essa congiunge, e il confine passa ovunque, si è sempre sul confine, ogni città è come Tijuana. In parole povere, fratelli e sorelle, noi camminiamo su un traballante ponte di corda, sospeso su una corrente impetuosa e oscura; questo ponte è gettato tra le situazioni della nostra vita, tra gli orli dei baratri dei nostri amori, tra le nostre esperienze e paure. Ad ogni nostro passo vediamo trasformarsi le due sponde, non sono mai le stesse: dietro di noi non c'è più la sponda da cui ci avventurammo sullo strapiombo; di fronte a noi non c'è più la sponda a cui eravamo diretti; il fiume che corre sotto di noi non è mai lo stesso fiume. Che elettrizzante sensazione muoversi su quell'arco avanzato, fratelli e sorelle! Non è giungere all'altra sponda la cosa più importante, ma spostarci sul confine e oltre esso, sconfinare. Che importa se la sponda davanti a noi è come avvolta da una densa nebbia, o se il ponte ondeggia scosso dal vento, o se crolla, o se brucia alle nostre spalle. Cadere nel fiume è forse la fine del nostro viaggio? [in coro: No!!!] Cadere non è mai la fine, perché il fiume in cui cadiamo non è lo stesso delle cui rapide, pochi istanti prima, solo il pensiero ci terrorizzava! Ecco, cadiamo, siamo caduti, e nuotiamo riguadagnando una riva: non è la stessa da cui proveniamo né quella che ci attendeva oltre il ponte, ma che importa, fratelli e sorelle? Saliremo su un nuovo ponte di corda, cavalcheremo un nuovo strapiombo, e andremo incontro a nuove situazioni, a nuove catene di affetti, a nuove paure!!! [3 volte Halleluja!]

È questo movimento che Luther chiama amore, fratelli e sorelle. È su quel ponte, inarcato verso il possibile, che noi AMIAMO. Non ci si "rifugia" nell'amore, non ci si "consola" con l'amore, l'amore lo si incontra quando il tempo vacilla sin dalle fondamenta, e per l'ennesima volta sentiamo farsi strada nella foschia l'eco del grido della nascita! [Halleluja!] Solo vincendo la paura della paura si giunge in prossimità dell'amore: niente di più semplice che intimorire quanti sono persuasi che la loro identità vada "difesa", e che non ci si debba avventurare sul ponte bensì eleggere a "Patria" e presidiare l'ultimo lembo di terra prima del baratro. I nuovi padroni di schiavi lo sanno, ed è per questo che danno tanta importanza all'identità: per impedire che gli schiavi fuggano sfidando lo strapiombo, nascendo a nuova vita, coi sensi meravigliosamente vigili eppure inebriati di gioia e di potenza! L'Internazionale Monoteistica vuole riconfinarvi al Centro del Mondo, su quel bastione dove vi credevate inattaccabili e liberi dalla paura, e che era invece una prigione dove Dio vi imbottiva di ansiolitici e di bromuro.

Fuggite dal manicomo dell'Io, fratelli e sorelle! Andate alla deriva, sfidate le gole e i canyons! [Halleluja!] Non dovete desiderare di liberarvi della paura: senza quei segnali d'allarme, senza quegli squilli di tromba che annunciano: "Ed ora, un pericolo completamente diverso!", non c'è amore, c'è solo la dittatura analgesica, un salottino di sentimenti rattrappiti, l'Eden piccolo-borghese del Prozac! Che i vostri Halleluja! salutino questa nuova consapevolezza, fratelli e sorelle: è necessaria una nuova concezione dell'amore, ben lontana dagli sbiaditi concetti che fino a ieri associavamo a questa parola. Ma ciò presuppone che non ci si accontenti di sopravvivere, e si sia invece disposti a VIVERE!!! [3 volte Halleluja!]

 


LE MILLE E MILLE VOCI DI LUTHER

 

Quarto sermone radiofonico dell'avanbardo Luther Blissett, radiotrasmesso alle 23.55 di mercoledì 1° novembre 1995 sui 96.3 e 107.05 Mhz della zona di Bologna.

 

Fratelli e sorelle, la settimana scorsa vi ho detto che noi siamo su un ponte di corda al di sopra di un abisso: un passaggio pericoloso, un pericoloso essere in cammino, un pericoloso rabbrividire. La nostra capacità di amare dipende dal nostro muoverci sul ponte, non dal giungere alla meta; in noi si ama il fatto che siamo transizione e tramonto. Vi ho parlato anche di un territorio che esiste solo in quanto confine, dove ogni città è come Tijuana, o come la città in cui si svolge L'infernale Quinlan di Orson Welles. Il confine è l'Alfa che diviene Omega, la Fine che finisce iniziando e divenendo un Principio. Il confine si sposta in continuazione, si ripiega tirando a sé e inghiottendo gli eventi. Chi sa muoversi in queste pieghe, in queste striature che cambiano lo spazio, può accedere a nuove realtà, scoprire in ogni momento dietro l'angolo un nuovo cielo e una nuova terra, vedere la Nuova Gerusalemme materializzarsi sul confine adorna come una sposa, e senza bisogno di calarsi! [Halleluja!!!]

Chi sa essere situazionauta nella gioiosa apocalisse può sentire, all'incrocio di linee convergenti, al termine di un percorso spesso tortuoso, l'eco del grido della nascita! [Halleluja!!!] Questo grido è come il grido femminile nella finzione cinematografica: Blow Out di Brian De Palma ci ha insegnato quanto è difficile inserire quel grido, un grido che occupa un punto del tempo ma non ha una vera e propria durata; un grido che fa vacillare il tempo, che è come uno squarcio nel tempo, l'apertura di un possibile; un grido che rende palpabile il fantasma di un assoluto, satura la colonna sonora, assorda chi lo ascolta e può non essere udito da chi lo emette. Perché nel cinema si usa il grido femminile, fratelli e sorelle? [voci: diccelo!] Non è per maschilismo sadico: quel grido toglie la terra da sotto i piedi, pone il problema di un "buco nero" impensabile e indicibile, oltreché irrapresentabile. Invece l'urlo maschile è un urlo di potere, lanciato per delimitare un territorio, insomma un urlo fondativo, prevedibile, che mette in mostra la potenza virile.

No, fratelli e sorelle, il grido della nascita - modulato dalle mille e mille voci di Luther - non può essere un urlo fallico, maschile, centrifugo: il grido della nascita rimanda a uno spazio illimitato, deterritorializza; il grido della nascita non stabilisce o presidia il confine, ma lo attraversa; il grido della nascita non ha un vero e proprio centro. Fratelli e sorelle, in poche parole, LUTHER BLISSETT NON È MASCHIO!!! [3 volte Halleluja!!!] Luther Blissett è anche maschio, ma rifiuta di limitarsi a un genere. Per questo stesso motivo, Luther Blissett non è solo femmina. Ma ciò che importa, fratelli e sorelle, è che le mille e mille voci di Luther cancellano il testo della soap-opera identitaria, sono macchine d'oblio che distruggono la nostalgia del Centro del Mondo! [Halleluja!!!] Così, fratelli e sorelle, quando farete che l'uno sia molti, e farete l'interno come l'esterno e ciò che è su come ciò che è giù, e se fate il maschio e la femmina in uno, e dunque in molti, affinché il maschio sia altro dal maschio, la femmina sia altro dalla femmina ed entrambi siano semplicemente altro, e quando al posto di un occhio rifarete due occhi, allora udirete l'eco del grido della nascita, e il Regno sarà voi, e voi sarete il Regno! [3 volte Halleluja!!!]

 


GILLES DELEUZE

 

Quinto sermone dell'avanbardo Luther Blissett, radiotrasmesso alle 23.55 dell'8 novembre 1995 sui 96.3 e 107.05 Mhz della zona di Bologna.

 

Fratelli e sorelle, in tutti i miei sermoni ho esortato tutti voi a non aver paura della paura, a scrollarvi di dosso quel maligno e orrendo folletto che, proprio nel momento in cui dobbiamo spiccare il balzo del situazionauta, ci salta sulla schiena e ci appesantisce. La settimana scorsa vi ho parlato delle mille e mille voci di Luther: le voci ci giungono dal confine e, articolandosi nel grido della nascita, ci tolgono la terra da sotto i piedi e facilitano il nostro salto verso una nuova situazione. Ma solo chi si è già scrollato di dosso il Coboldo, lo schifoso gnomo dell'abitudine analgesica, solo chi si sporge oltre l'epilogo di ciò che era può udire quel grido.

Stasera vi parlerò di un nostro fratello che sabato scorso ha udito le mille e mille voci e ha scelto di spiccare il balzo, anche letteralmente. Egli si è gettato oltre il parapetto di una lunga agonia, ha rifiutato la stanzialità del convalescente ri-divenendo orda nomade, ha sgretolato l'unicità totalitaria di un dolore annichilente lanciandosi nella caotica molteplicità del divenire delle cose del mondo! [Halleluja!!!] Egli ha rifiutato l'identità di malato e di "paziente" tornando ad essere radicale e ineffabile differenza, spiazzando il Coboldo. Egli si è fatto beffe della propria condizione di tracheotomizzato respirandosi in quanto macchina desiderante per una frazione di secondo, una frazione di secondo piena di gloriosa potenza, durante la quale il tempo è vacillato sulle proprie fondamenta! [Halleluja!!!] "Fin qui tutto bene... Fin qui tutto bene... Fin qui, e d'ora in poi, tutto bene!" [Halleluja!!!]

Questo nostro fratello ci ha insegnato molto, proprio perché non aveva nulla da insegnarci. La sua era una gaia demenza, la follia di chi trasforma il proprio successo filosofico in guerra psichica, in guerriglia d'amore. A Luther non interessa il successo filosofico, ma l'amore. [Halleluja!!!] A paragone del secondo, il primo non è che un povero surrogato, una bambola gonfiabile che riproduca le fattezze dell'oltreuomo, o peggio: un vibratore, o una vagina elettrica con veri peli pubici trapiantati nel lattice. Questo nostro fratello ha fatto saltare intere ali dell'edificio della filosofia, in un amplesso di gioia e di tritolo [in coro: boom!], affinché non ci accontentassimo più dei surrogati e del ciarpame, affinché il desiderio si svincolasse dai suoi oggetti e si facesse potenza. Non appena si è sperimentata questa vertigine, si va alla deriva con la consapevolezza di essere diversi, e non si incontra più la cosiddetta "gente" ma persone diverse, e ogni giudizio può suonare nuovo e inaudito. Non appena si entra in sintonia con la gaia demenza, si porge l'orecchio alle situazioni della vita, perché ogni situazione che attraversiamo porta con sé le proprie voci e le proprie idee, e noi non siamo più individui unici, rigidi e invariabili bensì flussi di desiderio nel divenire dei molti e del mondo! [Halleluja!!!] Fratelli e sorelle, che i nostri Halleluja salutino il salto di Gilles Deleuze! [3 volte Halleluja!!!]