Da "MONGOLFIERA - giornale di Bologna", anno X n.21, 30 giugno 1995, rubrica "PostScripta - Spie culturali", pag.22:

MOLTI E UNO

È uscito il libro, curato da Gilberto Centi, che ricostruisce nei dettagli tutta la vicenda di Luther Blissett, l'ineffabile neosituazionista inglese, e che racconta di come una cospirazione si stia trasformando in una contagiosa epidemia.
Scrivo la recensione di "Luther Blissett" (a cura di Gilberto Centi, edizioni Synergon) in quel convulso universo parallelo che è "Mongolfiera" poco prima di andare in stampa. Poche ore fa ho attraversato il mare di asfalto incandescente che divide la redazione del nostro giornale da quella della Synergon. Un mio amico telepate mi ha detto che nei locali di via Frassinago si aggira una delle possibili incarnazioni di Luther Blissett. Avrei voluto rintracciare il dottor Vaneigem Raoul oppure l'esimio professor Gobbi Romolo. Se così fosse stato, avrei chiesto loro di scrivere questo pezzo, o di rilasciare almeno una dichiarazione sull'uscita del libro. Ma di Luther Blissett in via Frassinago neanche l'ombra. - Non c'è - mi ha detto Mister Synergon - è fuori per una esplorazione psicogeografica. Qui lo puoi trovare solo nei giorni dispari -. Peccato. Con l'aiuto di Raoul Vaneigem e Romolo Gobbi sarei certamente riuscito a superare la forma della recensione necrofila, in cui per una grave malattia del sistema neurale alcune volte mi capita di eccedere mio malgrado. Ho tentato, quindi, di seguire le tracce psichiche di Vaneigem e Gobbi attraverso il reticolo di strade che attraversa il centro storico della città. In un bar di via Sant'Isaia ho fatto il gravissimo errore di ordinare una Fanta. In realtà si è trattato di un micidiale cocktail lisergico. Ho vagato per la città preda del delirio psico-geografico: una sorta di Karmacoma in cui ho sognato di incontrare il vero Luther Blissett, l'attaccante del Milan. Tuttavia ho, comunque, riconosciuto il barista: un iniziato di una loggia massonica inglese. Un segnale, ho cominciato a capire. Questa storia di Luther Blissett e del multiple name, utilizzato da molti artisti, performers, neosituazionisti e pazzoidi di mezza Europa, è molto più di una straordinaria macchina per apparire, manipolare e monopolizzare i media. Credo si tratti di una faccenda veramente losca, probabilmente una cospirazione di stampo esoterico-surrealista che si propaga con le stesse strategie di un virus: di natura biologica, sociale e informatica (molti dei documenti di Luther viaggiano in rete). Centi considera Luther Blissett una risposta possibile, diciotto anni dopo, a quei mostri massmediali che divorarono il Settantasette facendo a pezzi un grande movimento antagonista. E il motivo di tanto ottimismo risiede proprio nella capacità di manipolare i manipolatori esibita più volte, anche in maniera spettacolare, dagli adepti di questo multiple name. Eppure non bisogna commettere l'errore di considerare questi giovanotti i figli del Settantasette. Non dimentichiamo che "Luther Blissett è un fottuto figlio di puttana" e non può avere genitori perché è fuori dal gioco della produzione/riproduzione dei movimenti, delle ideologie e della politica. Luther è filiazione diretta di molte cose, ma essendo una forma virale, non può essere che marcio e contaminato. Un organismo dal DNA malato non può mai riprodurre le fattezze dei genitori: può al massimo esserne la parodia organica. Luther Blissett è soltanto una sofisticata setta segreta del terzo millennio. Ne ha tutte le caratteristiche classiche e la più marcata è certamente l'alone di mistero che circonda la biografia dell'iniziatore dei Luther, Harry Kipper. Gilberto Centi ne ha seguito le tracce attraverso la scena punk londinese, il reticolo di files e di documenti emersi dalla rete, e consegnandosi anche alla fantasia dei Blissett nostrani: come nel finale di una detective story dalla trama delirante, il vero è risultato essere falso e il più inverosimile si è dimostrato fondato. È straordinaria la maniera in cui Gilberto conclude la sua detection/deriva: "Kipper fugge dal proprio simulacro fino alle estreme conseguenze, così che il suo vivere o morire non abbia alcuna rilevanza. / Soffia nel vento". E a noi sembra molto più affascinante del suo stesso ritrovamento.

C'è scritto in uno dei manifesti neoisti: "soltanto in questo modo un dilettante può occasionalmente battere un maestro di scacchi o almeno costituire per lui una seria minaccia... facendo le mosse sbagliate dimostrandosi imprevedibile". Condivido questo solo in parte: l'effetto sorpresa dettato dall'istinto non annienta il gigante, lo lascia spiazzato soltanto per alcuni istanti. Alla fine recupera il terreno perduto e vince sempre, annientando il moscerino che lo ha infastidito. In ultimo vorrei fare alcune considerazioni sulla maniera in cui Centi ha costruito il testo di "Luther Blissett", un meticoloso e capillare lavoro di documentazione che ha ripercorso tutta l'intera vicenda: dalle performances splatter alla beffa di "Chi l'ha visto?" passando attraverso i frammenti del Bui-pensiero transmaniacale. Articoli di giornale, documenti, files dalla rete, traduzioni. L'approccio analitico e il metodo con cui Centi ha assemblato tutti questi materiali nel flusso potente della sua scrittura, a tratti visionanaria, sono assolutamente inediti. Sarebbe stato sin troppo facile dotarsi di una bella prosa da sociologo radical-chic, ma Gilberto non è uno di quei giovanologhi professionisti. Il suo è prima di tutto un anti-saggio, una narrazione in cui, con stile personalissimo, interroga e dialoga con l'insieme delle fonti che ha a disposizione. Non è un trattato sociologico, perché l'unico dispositivo testuale che Centi conosce è la deriva: su questa innesta non delle roboanti certezze o delle pretenziose formulazioni teoriche. La scrittura di Gilberto si nutre solo di personali suggestioni e vaghe immagini, quasi dei presagi. "Arriveranno gli ultimi o i penultimi Antagonisti del nostro tempo e senza confini anagrafici di riconoscimento. / Stanno arrivando. Li riconosceremo da quanto fin qui abbiamo ricostruito o intuito. / Ma chi scrive non è tra quelli che aspettano-l'arrivo-dei-soccorsi./ Ci siamo, con altri minuscoli compiti". È la prima volta che mi capita di vedere come un saggio possa conquistare l'intensità della scrittura poetica [*].

Francesco Scalone

 

*) Beh, d'accordo, ma hai dimenticato Deleuze... N.d.R.