12. Lasciate che i bimbi 2 - la conferma

 

Quando oggi si parla dei bambini, spesso li si descrive come minacciati dagli adulti. Ma la mia opinione è che, per quanto riguarda la censura ai film e ai video, siano gli adulti a essere minacciati dai bambini e ad aver bisogno di protezione. Da quando le immagini di violenza - che la legge considera potenzialmente sovversive e troppo facilmente imitabili dai bambini - sono disponibili e visibili nella privacy della propria casa, le si è combattute con un'ostinazione e una punitività senza precedenti. I poliziotti della società - non tutti in uniforme blu - hanno sempre cercato di invadere spazi ed esercitare poteri che la società stessa preclude loro. L'inviolabilità della propria abitazione era la barriera che permetteva di fare ciò che si voleva purché non si danneggiassero altre persone. Non è più così. I bambini hanno consegnato alla legge le chiavi della porta d'entrata, e le leggi sulla censura video-cinematografica hanno permesso alla polizia di varcare la soglia. Una volta dentro, costoro non si preoccupano di "proteggere" i bambini, bensì di limitare e violare le libertà degli adulti.
Rappresentare i bambini come soggetti da curare e proteggere è semplicemente il modo più rispettabile con cui la legge presenta ed esercita la censura. Censura che chiunque riterrebbe odiosa, opprimente e del tutto ridicola se chi la propone dichiarasse esplicitamente chi è il vero bersaglio, cioè gli adulti [...] i poteri che vogliono normare la società si stanno crucciando per il fatto che Internet rende possibile a un utente di scaricare via modem immagini non censurate. Imporre qualche divieto a Internet, sabotando quindi il più nuovo e "indipendente" mezzo di comunicazione finora inventato, può ancora sembrarci del tutto inaccettabile... Ma aspettate che si muovano le lobbies dei "bambini in pericolo"! Hanno fatto molta pratica su quella che gli adulti chiamavano la loro libertà di vedere. (Alexander Walker, "Suffer the Little Children", in: Karl French, edited by, Screen Violence, Bloomsbury, London 1996, pp.91 passim, trad. nos.)

Facciamo l'ipotesi di una città o di uno Stato in cui sia presente un numero, sia pure esiguo, di uomini veramente liberi. In tal caso la violazione della Costituzione si accompagna a una notevole dose di rischio, suffragando così la teoria della responsabilità collettiva: la possibilità di violare il diritto è direttamente proporzionale alla misura di libertà che intende intaccare. Per fare un esempio, nell'antica Islanda sarebbe stato inconcepibile un attentato all'inviolabilità o meglio alla sacralità del domicilio, nelle forme in cui esso è avvenuto nella Berlino del 1933, in presenza di milioni di persone, come semplice misura amministrativa. È il caso di ricordare tuttavia almeno una gloriosa eccezione: il giovane socialdemocratico che nell'androne della sua casa uccide a colpi di arma da fuoco una dozzina di cosiddetti "poliziotti ausiliari". Quell'uomo era ancora partecipe della libertà sostanziale, dell'antica libertà germanica che i suoi nemici andavano celebrando a parole. Non l'aveva certamente appreso dal programma del suo partito. In ogni caso, non era certo uno di quelli di cui Léon Bloy ha detto che corrono dall'avvocato mentre gli stanno violentando la madre. (Ernst Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, Milano 1990, p. 103)

Non stiamo suggerendo di accogliere a schioppettate i carabinieri che vengono a sequestrarvi il computer. L'accostamento delle due citazioni ci è utile a definire - senza dilungarci troppo - cosa intendiamo esattamente per privacy e, quindi, per "emergenze molecolari". È molto evidente che nell'era della complessità e delle mille interfacce (mediatiche, elettroniche, umane) tra vita pubblica e vita privata, il concetto non è più lo stesso proposto da S. Warren e L.D. Brandeis nel 1890, dedotto dalla common law anglosassone per difendere le élites borghesi dal giornalismo, colpevole di avere "invaso i sacri recinti della vita privata e domestica". Tuttavia, nel loro breve saggio The Right to Privacy: The implicit made explicit, Warren e Brandeis esprimevano una concezione più ampia e articolata di quanto ci abbia fatto capire la vulgata: la privacy era per loro la libertà di controllare il rivelarsi della propria personalità, il controllo sui propri "pensieri, emozioni e sensazioni" e sulle attività con cui si manifestano: "scritti...comportamenti, conversazioni, attitudini o espressioni facciali", e in questo, francamente, ci troviamo ben poco di datato.
Oggi la violazione della privacy non è più denunciata e combattuta soltanto dai patrizi e dalle celebrità, ma anche dalla plebe e dai carneadi, e il motivo è molto semplice: a chi importava, alla fine del XIX secolo, conoscere i dettagli della vita intima di un proletario, una volta che lo si era inserito nell'ambiente disciplinante della fabbrica e gli si era estorto quel tanto di plusvalore al giorno? Si era all'apogeo delle società disciplinari, il controllo era soprattutto di massa e si esercitava in grandi ambienti di reclusione o, più tardi, tramite mobilitazioni totali (i fascismi). Anche la "prevenzione" poliziesca era (e sarebbe stata ancora per molto tempo) inquadrata in una dinamica di scontro molare tra borghesia e proletariato, e si risolveva nella repressione di istanze collettive immediatamente rappresentate(si) come tali. Dopodiché, i proletari passavano da un ambiente di reclusione all'altro, dalla fabbrica al carcere.
Oggi le nostre sono società di controllo, in cui la "prevenzione" è più importante della repressione. Nell'era del lavoro immateriale e del capitale finanziario giunto al massimo di astrazione, tutto è governato da flussi di dati (cioè dai rimbalzi di qualche elettrone). Gli equilibri sociali, economici e politici sono instabili, nitroglicerinici. Basta vedere l'andamento delle borse. Le cause di perturbazione sono infinite, e risiedono nei comportamenti di ciascuno di noi, nella singolarità delle nostre decisioni, preferenze e idiosincrasie, delle nostre "...conversazioni, attitudini o espressioni facciali", dei nostri consumi. Aumenta il prezzo della "stabilità", ma il capitale lo paga volentieri, e spende sempre di più in intelligence, controlli, pattugliamenti, sorveglianza. Di emergenza in emergenza, la nostra privacy è stata aggredita, al disciplinamento si è sostituito il monitoraggio, la sorveglianza diffusa. Le informazioni sulle nostre personalità diventano preziosa merce di scambio, il computer matching (l'incrocio delle banche dati a fini commerciali o polizieschi) è una forma più subdola di "intercettazione", a cui tutti siamo sottoposti.
Una definizione di privacy adatta ai tempi dovrebbe porre l'accento su tutto ciò che è differenza, singolare o di gruppo, non necessariamente praticata tra le pareti di casa. Il potere può ritenere tale differenza (relativamente) "benigna", e comunque utile da monitorare, oppure "maligna", suscettibile di divenire anomalia e poi "devianza". La differenza sta nell'intensità e nella modalità della "prevenzione": le differenze "maligne" di gruppo diventano emergenze dell'ordine pubblico, quelle singolari diventano emergenze molecolari, tutt'al più da ordine pubico. Poiché ciascuno/a di noi è differente e al tempo stesso partecipa e influenza istanze collettive, è chiaro che tutti quanti rientriamo in potenziali "categorie a rischio". Per dirla in modo più crudo: dicono che ce l'hanno coi "pedofili" e/o coi "satanisti", ma intanto colpiscono i diritti di tutt'altre "categorie": gli omosessuali, gli utenti di Internet, gli assistenti sociali e gli educatori come Lorenzo Artico [1] etc.
Di fronte alla crescente pervasività del controllo, una definizione utile di privacy è praticamente costretta a includere la pratica di libertà civili scontate in linea di principio. Pensiamo soprattutto a quei comportamenti che, pur "condannabili" (anche se non si sa bene da chi), comunque non danneggiano terzi, come il "drogarsi".
Spesso sono proprio i poteri costituiti a parlarci di "tutela della privacy". Il problema è sotto gli occhi di tutti, come ignorarlo? Ma quando ne parlano, e soprattutto quando legislano, ne approfittano per stabilire una serie di eccezioni a tale "tutela", eccezioni in nome della "sicurezza dello Stato", delle indagini su criminalità e "terrorismo", della prevenzione di reati etc. Alla fine le eccezioni sono più numerose e frequenti dei casi in cui la "tutela" va esercitata. In realtà, le varie leggi e authorities sulla privacy servono a regolamentarne la violazione.
Questo è uno dei più importanti terreni di scontro su scala planetaria, anche di scontro interno alle classi politiche (come in Belgio nel 1996 e soprattutto nel caso Clinton-Lewinsky). A volo d'uccello, possiamo vedere:
- I frequenti tentativi di normare/censurare Internet (supremo capro espiatorio di fine millennio) e proibire o comunque limitare crittografia e anonimato;
- la demonizzazione di alcuni prodotti culturali (videogames violenti, giochi di ruolo che "istigano al suicidio"...);
- rigurgiti sessuofobici e omofobici (prontamente cavalcati dagli hezbollah cristiani, il cui imprescindibile ruolo è spiegato nella seconda parte di questo libro).
In tutte e tre le fattispecie, come fa notare Alexander Walker, è soprattutto dai protettori di bambini che dobbiamo difenderci.
Nel 1996-97 abbiamo scritto un instant-book intitolato Lasciate che i bimbi. "Pedofilia": un pretesto per la caccia alle streghe, per i tipi di un editore romano.
In quel libro documentavamo - con largo anticipo rispetto a molti osservatori più "qualificati" - la trasformazione della "pedofilia" in emergenza, e definivamo certe inchieste in corso "il 7 Aprile degli sporcaccioni". Per il quadro generale rimandiamo i lettori a quel testo, al quale dobbiamo anche una bizzarra reputazione [2]
Ma da allora la situazione ha avuto nuovi, perversi sviluppi: c'è stato un crescendo di calunnie e attentati alle libertà degli utenti di Internet; alla fine del 1997 si sono verificati numerosi tentativi di linciaggio, e veri e propri tumulti a favore della pena capitale; alcuni arrestati sono morti in carcere in circostanze a dir poco sospette (in un caso, quello di Andrea Allocca alias "il mostro di Cicciano", la folla ha impedito che il cadavere fosse sepolto in terra consacrata!)...
Soprattutto, la totale mobilmachung catto-buonista-forcaiola - guidata da un manipolo di deputate e senatrici pidiessine - ha partorito la "legge speciale" più mostruosamente liberticida di tutta la storia della repubblica, la n.269 del 3/8/1998. In Lasciate che i bimbi ne criticavamo la bozza, ma nemmeno noi potevamo immaginare che devastanti effetti avrebbe prodotto: padri di famiglia indagati per aver fotografato la propria figlioletta sulla spiaggia, sequestri di materiali scritti e audiovisivi di carattere controculturale, sequestri di computers dalle case di indiziati, criminalizzazione degli Internet Service Providers, richieste di censurare la Rete (ma i più politicamente corretti parlano di "autoregolamentazione" o di "classificazione dei contenuti") etc.
Tra i pubblici ministeri più zelanti nell'applicare la legge vi è quel Diego Marmo che definì Enzo Tortora "cinico mercante di morte". Marmo ha dichiarato: "Non ci sono solo le mafie e Tangentopoli, anche la pedofilia è una emergenza. Direi, una emergenza primaria." ("La Repubblica", 4/9/1998). Nella stessa occasione, Marmo ha parlato anche di un "Partito dei Pedofili". E allora vediamola, la legge che sconfiggerà quell'orrendo partito di maniaci zozzoni!
Dopo alcuni articoli contro lo sfruttamento della prostituzione minorile (inserimento dell'art.600bis nel c.p.), la legge crea l'art. 600ter c.p., che punisce la "pornografia minorile" (corsivo nostro):

Chiunque sfrutta minori degli anni diciotto al fine di realizzare esibizioni pornografiche o di produrre materiale pornografico è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cento milioni.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, consapevolmente cede ad altri, anche a titolo gratuito, materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire tre milioni a lire dieci milioni.

Dopodiché, vi inserisce anche il 600quater (detenzione di materiale pornografico):

Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 600-ter, consapevolmente si procura o dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa non inferiore a lire tre milioni.

Alcuni rilievi:
L'art.600 c.p., da cui discenderebbero il 600ter e il 600quater, punisce la "riduzione in schiavitù". A dimostrazione del fatto che il politically correct è anche peggio del clericalismo, la semplice detenzione di pornografia, da atto contrario alla morale, diventa una fattispecie dello schiavismo.
Manca qualsivoglia definizione di "pornografia". Qual è l'idea di pornografia di chi ha scritto la legge e soprattutto di chi deve applicarla? E' forse "pornografica" la foto di un bambino nudo scattata su una spiaggia? E la foto di un adulto e di un bambino, entrambi nudi ma in una situazione casta? La vaghezza della legge lascia spazio a ogni tipo di arbitrio da parte di PM e polizia giudiziaria. [3]
Altrettanto vago è il riferimento a "notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale". Il 28/10/98, dandone un'interpretazione oltremodo estesa, la dott.ssa Maria Rosaria Sodano della procura di Milano dispone il sequestro di tutte le pubblicazioni delle Edizioni Topolin (perlopiù albi a fumetti, ma anche opere originali di disegnatori famosi).
Equiparare la cessione gratuita allo spaccio, e punire la semplice detenzione, significa creare "oggetti illeciti assoluti" coi quali è proibito avere qualunque tipo di contatto. Vale il discorso già fatto per la Craxi-Jervolino: si confondono diritto e morale, punendo anche comportamenti che non arrecano danni a terzi. Stupisce vedere il nome di Luigi Manconi (garantista e antiproibizionista, già grande oppositore della suddetta "legge sulla droga") tra quelli di chi si arrampica sugli specchi per giustificare una simile mostruosità:

...chi detiene... la ripresa cinematografica della violenza sessuale su un minore, accetta l'atto criminale contenuto e incorporato in quella merce [...] chi detiene quel materiale instaura una qualche forma, lo dico con molte virgolette, di complicità e concorso con il crimine della violenza [...] guai se si decidesse di sanzionare o semplicemente disciplinare le fantasie. Sarei il primo a oppormi. Qui stiamo parlando di fantasie che incorporano un reato e discendono da esse [...] un principio giuridico fondamentale, quello di offensività, distingue un atto anche moralmente censurabile da un crimine penalmente perseguibile. Solo se c'è un danno ad altri c'è un crimine. Non sono sanzionabili gli atti di pura condotta, ovvero i cosiddetti reati senza vittima. ("l'Unità", 12/8/98)

All'inizio di ottobre scatta la cosiddetta "Operazione Cattedrale" (retata mondiale di "pedofili" che coinvolge una ventina di paesi). A Napoli viene scoperta una cerchia di "maniaci" che, stando ai giornali, "rubavano" immagini di bambini all'insaputa di questi e dei loro genitori. Si appostavano sulle spiagge o nelle vicinanze degli asili e scattavano fotografie. Presumibilmente, a casa loro e senza mai venire a contatto coi soggetti ritratti, facevano di tali immagini l'oggetto di fantasticherie masturbatorie.
Non si registrano né stupri né sevizie, né il materiale sequestrato "incorpora" alcun reato. E così, ecco sanzionate le fantasie e gli "atti di pura condotta". Manconi, che aveva dichiarato "sarei il primo a oppormi", non si oppone né per primo né per ultimo. Sic transit gloria mundi.
Infine: la legge è interamente basata sulla dizione "minori di anni diciotto". Ma si dà il caso che in Italia l'età del consenso sia fissata a 14 anni. Morale della favola: se hai più di 14 anni e meno di 18, puoi liberamente fare sesso con un/a partner nella stessa fascia d'età, ma non puoi farti fotografare né riprendere. Se ti fai l'autoscatto, rischi la galera.
Veniamo al punto della criminalizzazione di Internet. Come ha commentato Manlio Cammarata sul n.186 di McMicrocomputer (luglio-agosto 1998):

l'inciso "anche per via telematica" [è] del tutto inutile dal punto di vista giuridico e inutilmente punitivo nei confronti della telematica [...] la commissione speciale in materia d'infanzia ha deciso di strafare, aggiungendo un ulteriore inciso, "con qualsiasi mezzo" che rende ancora più superflua la precisazione.

Grazie anche a quest'ennesimo pleonasma emergenziale, gli inquirenti orientano le loro indagini sui frequentatori del cyberspazio, compiendo diversi abusi.
Col pretesto fornito dalla nuova legge le procure - in violazione del già citato art.15 della Costituzione - fanno terrorismo psicologico sequestrando i computer degli indagati (spesso preziosi strumenti di lavoro) quando basterebbe fare un back-up del disco rigido. A quelle persone, senza alcun motivo plausibile, viene impedito di comunicare e in molti casi anche di lavorare. Quest'ultima è un'ulteriore violazione della Costituzione. Infatti l'art.35, comma 1, dice: "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni".
È chiaro che questa legge trae linfa da un sostrato di leggende metropolitane su Internet e i "pedofili", alcune delle quali sono già state smontate/smentite in Lasciate che i bimbi.
Ma il punto più scabroso della legge è l'art.14, comma 2:

Nell'ambito dei compiti di polizia delle telecomunicazioni, definiti con il decreto di cui all'articolo 1, comma 15, della legge 31 luglio 1997, n.249, l'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione svolge, su richiesta dell'autorità giudiziaria, motivata a pena di nullità, le attività occorrenti per il contrasto dei delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, commi primo, secondo e terzo, e 600-quinquies del codice penale commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico. A tal fine, il personale addetto può utilizzare indicazioni di copertura, anche per attivare siti nelle reti, realizzare o gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi telematici, ovvero per partecipare ad esse. Il predetto personale specializzato effettua con le medesime finalità le attività di cui al comma 1 anche per via telematica.

Laddove il comma 1 istruiva a "procedere all'acquisto simulato di materiale pornografico e alle relative attività di intermediazione". E così si scatenano nel cyberspazio gli agenti provocatori, che combattono i reati... istigando a commetterli. La polizia può anche attivare siti-trappola con foto "pedofile", instaurando così - per dirla con Manconi - "una qualche forma... di complicità e concorso con il crimine della violenza". È la nuova strategia della tensione.

Una pericolosa organizzazione di automobilisti pedofili è stata sgominata grazie al paziente lavoro investigativo della polizia stradale. I pedofili, tutti incensurati e insospettabili, usavano l'automobile per scambiare tra loro materiale pornografico ritenuto illegale. La perfetta organizzazione consentiva ai membri di raggiungere in poco tempo i luoghi stabiliti per i convegni, spesso situati nelle piu' remote periferie dalla città, e diffondere con rapidità ed efficienza il materiale incriminato. Le automobili, di fabbricazione statunitense, erano state regolarmente importate e immatricolate. L'episodio ripropone l'annoso problema della regolamentazione dell'uso delle automobili, ormai divenute il mezzo privilegiato di numerose organizzazioni criminali. (Storiella anonima, <http://www.ecn.org/lists/cyber-rights>, 8 settembre 1998)

"Wait till the children-at-risk lobbies get going", ci diceva Alexander Walker. E in effetti questi gruppi di pressione intervengono a tutto campo: fanno chiudere siti o addirittura interi server [4], impongono codici di "autoregolamentazione televisiva" [5], propagano leggende urbane come quella degli snuff movies [6] o quella secondo cui i "giochi di ruolo" istigherebbero al suicidio, spacciano falsi rapporti scientifici [7], calunniano chi non la pensa come loro [8], fanno pressione sui negozi perché non vendano videogames violenti [9] etc. Inappagabili, hanno sicuramente pronte nuove micro-emergenze prêtes-à-exploiter. Sono i militi volontari della società di controllo, la nuova "società incivile" fatta di spioni, censori e delatori.

 

NOTE

1. Il caso Artico è uno dei più mostruosi parti della paranoia inquisitoria che regna nelle procure italiane. Artico è milanese, ha 32 anni ed era un educatore in centri per l'assistenza all'infanzia, oltreché allenatore della piccola squadra di calcio AS Barona, finché (16/5/1997) il Pm Pietro Forno (capo del pool sugli abusi sessuali, non nuovo ad errori giudiziari) non lo ha fatto incarcerare con l'accusa di violenze sessuali su minori. Alla base di tale decisione c'erano le testimonianze - confuse e contraddittorie - di alcuni ragazzini ospiti di una struttura per l'infanzia disagiata, che dichiararono di essere stati sodomizzati. Ad interrogarli erano stati due ispettori di polizia, senza consulenza di psicologi, con domande a dir poco brutali. In seguito, alcuni di loro hanno ritrattato le accuse prima ancora del dibattimento, e le perizie mediche hanno smentito l'ipotesi di penetrazioni anali. Artico è stato sbattuto su tutti i giornali, e Pietro Forno ha colto l'occasione per chiamare "porci" le persone su cui indaga, gettare fitte ombre di sospetto su tutti gli operatori per l'infanzia e assistenti sociali e chiedere più fondi e più mezzi per la sua struttura investigativa: "I pedofili più pericolosi sono quelli che si intrufolano nelle comunità, dove si fa aggregazione. I pedofili più pericolosi stanno tra i giovani tutto il giorno e sono quelli più brillanti, quelli con più carisma [...] Siamo di fronte a una situazione gravissima: abbiamo scoperto un sommerso e ora il lavoro ci sommerge". Forno - che secondo l'avvocato Max Sarno "[ha] una deformazione, [vede] pedofili e violentatori ovunque" - non ha mai interrogato personalmente l'imputato, il cui diritto di difesa di Artico è stato violato in più occasioni, con decisioni inaudite da parte del Pm: tutti i documenti della difesa sono stati fatti sequestrare, e l'investigatore privato ingaggiato dai familiari di Artico è stato denunciato per minacce e subornazione di un testimone. Per la prima volta in un'inchiesta del genere, si è formato un vasto fronte di solidarietà all'imputato, e il comitato animato dai genitori, dagli amici e dall'ex-fidanzata, è riuscito a "perforare" i media e a far dubitare molti giornalisti dell'ipotesi accusatoria. Moltissimi ragazzi (e i loro genitori) hanno testimoniato a favore di Artico: "C'è un motivo, se tanta gente si è mossa. Un motivo serio. Noi non siamo sprovveduti, siamo genitori consapevoli e presenti. Lorenzo ha avuto i nostri figli per le mani. Noi lo conosciamo bene, abbiamo stima, rispetto e fiducia per lui. Il Lorenzo che conosciamo non è certo il mostro che ci hanno presentato". Dopo una lunga custodia cautelare e una psichiatrizzazione, il 26/1/1999 Artico è stato condannato a 13 anni di carcere. (fonti: Enrico Deaglio, Il caso Lorenzo Artico, "Diario della settimana" n.12, 21/6/1998; Fabrizio Ravelli, Liberatelo, non è pedofilo / Si mobilita la Milano popolare, "La Repubblica" 2/7/1998; Roberto Leone, Pedoflia, 13 anni all'educatore / "Artico è colpevole, violentò quei ragazzini in istituto, "La Repubblica" 26/1/1999; Fabrizio Ravelli, "Lorenzo Artico non è un mostro" / Proteste contro la sentenza di Milano: "Pedofilo? Accusa infamante", "La Repubblica" 27/1/1999).

2. In data 9/12/1997 sul "Corriere della sera" del 9/12/1997 compariva un articolo non firmato, intitolato I pedofili: ci hanno scoperti / Su Internet l'arroganza dei maniaci che attaccano giornali e Tv: "'I media vi hanno scoperto. L'Occhio del Male è sopra di voi, ma non possono fare nulla per sopprimere la vostra libertà di parola. E visto che probabilmente continueranno a controllare a controllare la vostra attività e propaganda, rendete pubbliche queste parole: ciò li renderà davvero furiosi'. Questo è il testo comparso ieri su 'Pedophile Liberation Front', il sito, basato in Texas ma accessibile a tutti gli utenti di Internet, del sedicente Fronte di Liberazione Pedofili. La firma è di Luther Blisset [sic], il personaggio immaginario che accompagna il fenomeno Internet dalla sua prima comparsa in Italia [...]"

3. "La Repubblica"-Bologna del 18/11/1998 riportava un articolo intitolato: Io, pedofilo inesistente / Archiviata l'inchiesta su un commerciante imolese accusato di foto porno sulla figlia di tre anni. Ne riportiamo una sintesi: "Una vita distrutta da una frase: "Stiamo cercando le foto porno di sua figlia". Dopo tre mesi, la riabilitazione: "Il caso è archiviato". Non esiste nessun "mostro", nessun padre degenerato che pratica con pedofili, dietro le immagini di una bambinetta di tre anni che un commerciante di abbigliamento di Imola ha scattato senza vestiti, ma con dolcezza e senza malizia, d'estate tra le mura domestiche. Erano foto innocenti di una bimba che sorride divertita. Anche l'istantanea che ha fatto gridare allo scandalo gli investigatori - la piccola che tiene la manina tra le gambe - non è affatto triste, ma gioiosa. Un errore giudiziario. Un uomo "rovinato", che oggi racconta che cosa vuol dire vivere nell'incubo di un'accusa infamante e ingiusta [...] Lei ha trascorso tre mesi da "mostro". Che cosa ha significato per la sua vita? "Oggi nessuno è entrato nel mio negozio, ieri nemmeno, sabato nemmeno. Sono rovinato, non so se avete capito. Tutti a Imola sanno che io sono il "mostro". Hanno preso il mio numero di cellulare da un cartello del negozio e mi hanno detto di tutto, "porco", "assassino". Sui giornali mi hanno descritto come il peggiore dei bastardi. Entro la fine dell'anno dovrò chiudere l'attività, non so se riuscirò a trovare una altro lavoro. Mi domando: perché la polizia prima di venire da me non ha fatto indagini per capire?". Come ha saputo la polizia di quelle foto? "Le avevo consegnate all'Ipercoop di Imola, che le ha fatte stampare ad un laboratorio di Rimini, che ha fatto una segnalazione alla polizia. Di quella foto di mia figlia ritenuta scandalosa avevo chiesto degli ingrandimenti [...] E' pensabile che un pedofilo vada a portare foto proibite alla Coop e chieda addirittura di ingrandirle? Ci voleva così poco a capire""

4. "[...] la rete civica del Comune di Roma è stata oscurata [...] 63 associazioni no-profit, tra cui Foro Romano Digitale, WWF, CGIL Università, LIPU... non sono più in rete. [...] il FRD ha reso pubblico sul web il testo di una tesi di laurea: 'Il femminile nella fantascienza: modelli di scrittura'. Sul sito, arriva Don Fortunato Di Noto, parroco della chiesa della Madonna del Carmine di Avola, in provincia di Siracusa. Conosciuto [...] per essere fondatore dell'associazione Arcobaleno, impegnata nella lotta alla pedofilia e alla magia. Il parroco ha denunciato il Comune di Roma. A suo parere, la tesi di laurea "nascondeva" 150 righe blasfeme. Il titolo: 'La Loggia nera. Una via satanica alla conoscenza'. Così, Mariella Gramaglia, responsabile delle reti civiche romane, ha colto l'occasione per oscurare d'autorità tutti i siti delle associazioni. Si sa, siamo a pochi mesi dal Giubileo. In una intervista all'edizione on-line di Repubblica, dice la Gramaglia: "Il Foro Romano Digitale ha rotto in modo gravissimo il rapporto di fiducia con l'amministrazione. Ci hanno raggirati sia nel merito (contenuti con inviti molto espliciti e violenti all'orgia, al sesso con i bambini, a perversioni sadiche), sia nelle modalità, con la contraffazione del nostro indirizzo." Ora, qual è la pagina dello scandalo? Si tratta di un link ipertestuale di un testo già pubblicato sul numero 2/3 di Thorazine. La rivista ha distribuzione nazionale, reperibile in tutte le librerie Feltrinelli. [...] Sono andato a leggere il testo incriminato. Esprime opinioni, non nuove e condivisibili, sulla repressione della sessualità. [...] si basa sul rifiuto dello scambio simbolico fondato dal cattolicesimo. Non per caso, come esergo, c'è la frase 'Jesus died for his own sins not minÈ [...] Non mi stupisce che si trovasse nel contesto di una tesi di laurea sul femminile nella fantascienza. Non sono poche, negli USA, le autrici di fiction, le cyberfemministe che professano il loro anticattolicesimo e recuperano i culti perseguitati dall'inquisizione. Non solo panteismo e naturalismo ribelle, ma femminilizzazione di Dio e Deità. [...] Ho scambiato un paio di parole con 'Macchina', l'autrice della tesi[...]: 'È inimmaginabile che a partire dalla censura di una pagina si butti giù una intera rete civica costruita in due, tre anni di cooperazione. Improvvisamente, negando quello che era il punto fondamentale della rete civica romana. Cioè il diritto di partecipazione telematica per tutti i cittadini del Comune di Roma.' (Robin Benatti, "Satana e la polizia catto-telematica", Zero in condotta, quindicinale di Bologna, n.66, 24 luglio 1998).

5. Nel dicembre 1997 una commissione di "esperti" e di operatori televisivi - capeggiata da Francesco Tonucci (membro del Cnr e illustratore di libri per l'infanzia) e da Carlo Alfredo Moro (cattolico, fratello dello "statista" ucciso dalle Br) ha partorito un liberticida "codice di autoregolamentazione televisiva per i minori", che è stato definito "una congerie di norme capziose e inutili, quando non addirittura ridicole" (Chiara Valentini, Scrivono codici, preparano bavagli, "L'Espresso", 11/12/1997). Ne citiamo alcuni passaggi: "[Nella fascia oraria di programmazione dalle 16.00 alle 19.00] si dovrà evitare la pubblicità in favore di [...] profilattivi e contraccettivi (con l'esclusione delle campagne sociali [?]"; "Durante la fascia di protezione rafforzata [dalle 7.00 alle 16.00 e dalle 19.00 alle 22.30] non saranno trasmesse pubblicità che contengano [...] situazioni che violino norme di comportamento socialmente accettate o che screditino l'autorità, la responsabilità ed i giudizi di genitori, insegnanti e di altre persone autorevoli" e via censurando.

6. Il saggio più documentato è senz'altro il monumentale Killing For Culture. An Illustrated History of Death Film from Mondo to Snuff degli inglesi David Kerekes e David Slater (giornalisti e critici cinematografici, redattori della rivista Headpress), pubblicato a Londra nel 1996 per i tipi della Creation Books, finora mai tradotto in italiano.
Il libro è il risultato di anni di lavoro e ricerche. Gli autori partono dall'innegabile dato di fatto che, nonostante il gran parlarne, nessuno è mai riuscito a provare di aver visto uno snuff. Nel corso del libro, K&S inseguono a ritroso tutte le dicerie sul genere, e scoprono le origini della leggenda metropolitana. E' molto importante la loro conclusione anti-allarmista: "Lo snuff come prodotto commerciale è un'idea affascinante ma illogica. Funziona bene nella fiction poliziesca e, da un punto di vista giornalistico, è una delle cause di panico morale spacciate alla gente con più frequenza. Lo snuff è una supposizione duttile e terrificante. E' qualcosa di non visto subito oltre la soglia di casa. Può essere descritto nello stesso articolo come un "ambìto possesso" di pedofili e come una cosa per cui i ricchi pervertiti spendono i loro soldi [...] E' un complotto internazionale e il male assoluto. Lo snuff ha il potere di annebbiare la mente. Può trasformare roba come Flower Of Flesh And Blood - ufficialmente ritenuto una "simulazione" - in un "gravissimo oltraggio". Può incoraggiare a trarre le conclusioni più stupide dalla descrizione degli scenari più improbabili [...] Può spingere le femministe di tutto il mondo a battersi per una causa e farle continuare a battersi, che importa se stanno prendendo a pugni le proprie ombre... La parola stessa suona come una minaccia [...] I media sono talmente ossessionati dagli snuff che alla minima insinuazione rispolverano la parola e vi erigono sopra colonne e colonne di articoli. Come i "coccodrilli" dei vip, gli articoli sugli snuff stanno sempre nei cassetti dei redattori, in attesa. Che importa se nessuna retata ha mai stroncato un racket di film snuff, che importa se nessun poliziotto ha mai avuto in mano un film del genere... Non servono "prove" per gli snuff. Ripeti la parola con sufficiente frequenza e regolarità, e il mito si affermerà da solo, e certi posti, quasi sempre in Sudamerica, verranno costantemente tirati in ballo, con un ché di razzismo e di xenofobia [...]" (pp. 245-46, traduzione nostra)

7. Due esempi dalla Gran Bretagna, presi dal citato articolo di Alexander Walker, critico cinematografico dell'"Evening Standard" di Londra. Nel 1984 l'ondata di panico morale sui cosiddetti video nasties (film ultraviolenti su videocassetta) fece approvare una legge censoria e liberticida, il Video Recordings Act , che stabiliva i requisiti per la messa in commercio e la noleggiabilità di un film. In quei mesi fu messo in circolazione un documento intitolato "Video Violence and Children Report", presuntamente compilato dall'Oxford Polytechnic e distribuito da un certo Parliamentary Video Group. Manipolando dati di cui non era chiara la fonte né il metodo di raccolta, il rapporto stabiliva un collegamento diretto tra visione di un video nasty e violenza minorile. L'Oxford Polytechnic prese le distanze dall'operazione, e si scoprì che la pseudo-ricerca era stata assemblata da gruppi di pressione di destra. Nel 1995 successe più o meno la stessa cosa con un rapporto intitolato "Video Violence and the Protection of Children", compilato dalla professoressa Elizabeth Newsom della Nottingham University e approvato da altri venticinque accademici. In seguito si scoprì che la Newsom era stata inaccurata e tendenziosa nello scrivere il rapporto, e che nessuno degli altri professori si era mai occupato di media o di bambini (uno era esperto di cristianesimo ortodosso!).

8. da "La Repubblica"-Bologna, 27/8/1998: "Strani ladri-vandali a Telefono Azzurro / Escalation di episodi contro l'associazione dopo chiamate minatorie a Caffo [...] Telefonate minatorie, un comunicato di Luther Blissett che chiama in causa l'associazione per il suo sostegno alla nuova legge sulla pedofilia e adesso pure uno strano furto, forse piu' simile ad un'azione dimostrativa. Tre fatti distinti, probabilmente senza nessuna relazione fra loro, per colpire il Telefono Azzurro. Alla sede bolognese del centralino per l'infanzia da qualche settimana non arrivano solo chiamate di bimbi in difficolta'. Sono arrivate telefonate minatorie, insulti e minacce, e nei giorni scorsi il professor Ernesto Caffo ha consegnato alla polizia un volantino recapitato da Luther Blissett ad un'agenzia di stampa dove l'associazione viene "messa in guardia" per aver sostenuto l'approvazione della nuova legge sulla pedofilia, che inasprisce in modo severo le pene per gli abusi sui bambini. I "pirati mediatici" di Blissett, al centro di una querelle anche di carattere giudiziario per aver diffuso su Internet il testo del libro sulla pedofilia "Lasciate che i bimbi", pare che abbiano voluto mettere in guardia Telefono Azzurro sulla probabile escalation delle violenze sui minori a seguito dell'approvazione della nuova legge. Il professor Caffo s'e' subito messo in contatto con la Questura e ha consegnato agli investigatori il volantino - inviato via fax da un negozio di Bologna - che chiama in causa anche altre due associazioni del settore. "Le telefonate minatorie non sono una novita' per noi - dice il professor Caffo - Comunque bisogna saper distinguere fra caso e caso, anche se e' chiaro che qualcuno non vede di buon occhio il nostro impegno. Proprio per questo abbiamo un rapporto consolidato con la Questura e abbiamo subito consegnato il volantino". E da ieri nel carteggio in questura c'e' una nuova denuncia: e' stata presentata dagli animatori dell'associazione dopo una strana incursione messa a segno fra lunedi' sera e martedi' nella sede del comitato di volontariato del Telefono Azzurro in via Oberdan 24. Qualcuno, dopo aver forzato due porte al piano terra, ha rovistato negli uffici, ha aperto cassetti e armadi senza portar via nulla e prima di uscire ha fatto i suoi bisogni all'ingresso. Per alcuni animatori dell'associazione "si tratta di un'azione dimostrativa, un gesto di spregio. Non e' stato rubato niente". ". Il 29/8/1998 lo stesso giornale pubblicava la nostra smentita-contrattacco: "...veniamo chiamati in causa su minacce e atti vandalici subiti dalla sede bolognese del Telefono azzurro. A quanto ci sembra di capire, il sig.Ernesto Caffo, presidente del Telefono azzurro, avrebbe messo in relazione l'ultimo episodio di effrazione con un presunto volantino firmato "Luther Blissett", ricevuto dalla suddetta associazione. Siamo estranei a qualunque minaccia, telefonata minatoria o atto vandalico subito dal Telefono azzurro. Respingiamo con sdegno qualunque insinuazione.
Invitiamo il Telefono azzurro a pensarci due volte prima di tirare in ballo persone la cui prassi sociale e militanza politica è sempre stata caratterizzata da preoccupazioni di stile, e che non si abbasserebbero mai a un simile livello di canagliesca banalità [...]"

9. E' successo negli Usa con l'esilarante videogame Carmageddon, in cui il giocatore si trasforma in hit-and-run killer e deve investire il maggior numero possibile di pedoni.

 

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